Non sono trascorse neanche 3 settimane da quando l’Italia si è trovata a fronteggiare lo ‘tsunami Covid-19’. “Non è tanto tempo, anche se sembra infinito”. Ma i medici degli ospedali in prima linea stanno imparando a conoscere le modalità di attacco messe in atto dal nuovo coronavirus. “Abbiamo capito che la malattia ha due fasi: una iniziale che si presenta con una polmonite interstiziale con medio-basso fabbisogno di ossigeno e una fase secondaria rapidamente progressiva, in cui interviene una sindrome infiammatoria che fa peggiorare completamente la situazione”.
A fare il punto è Raffaele Bruno, direttore dell’unità operativa complessa Malattie infettive del Policlinico San Matteo di Pavia, che all’AdnKronos Salute spiega quanto sia “importante aver capito questo primo dato”. E’ un aspetto clinico da evidenziare “perché apre uno spazio a nuove strategie terapeutiche“, evidenzia l’esperto dell’Irccs pavese che ha curato fra gli altri anche il paziente 1, il 38enne arrivato all’ospedale di Codogno in condizioni gravi, il primo ad essere risultato positivo al nuovo coronavirus in Lombardia svelando la presenza in Italia del patogeno ‘venuto da lontano’.
Fra le nuove strategie si guarda per esempio “a un farmaco per l’artrite reumatoide – dice Bruno – con il quale erano state fatte delle esperienze in Cina” dai risultati incoraggianti. “Ora un po’ tutti stiamo cercando di capire che ruolo può avere. E’ il vantaggio di avere una comunità scientifica globalizzata”.
“Per noi sono tutti pazienti 1. Stiamo cercando di fare il meglio per chi viene colpito dalla Covid-19, curando tutti allo stesso modo”. A raccontare all’AdnKronos Salute come si lavora negli ospedali in prima linea contro il nuovo coronavirus è Raffaele Bruno, direttore dell’unità operativa complessa Malattie infettive del Policlinico San Matteo di Pavia. Nella struttura si viaggia ad alto ritmo da giorni, mentre i casi di Covid-19 sono in ascesa nella regione. E in questi giorni l’Irccs ha annunciato i miglioramenti del 38enne che ha svelato all’Italia la presenza sul territorio del nuovo coronavirus. Il paziente 1, trasferito al San Matteo circa due settimane fa dall’ospedale di Codogno, ora respira da solo. Tanti i pazienti arrivati da allora, un’ondata che ha messo sotto stress il sistema sanitario regionale.
“Abbiamo avuto anche giovani – spiega lo specialista – L’infezione colpisce tanta gente e statisticamente può capitare che anche loro sviluppino forme severe, sebbene il grosso sia rappresentato da over 70″. Qui a Pavia, dice Bruno, “abbiamo retto il colpo, per fortuna. Il fabbisogno è stato soddisfatto da quanto messo in atto e siamo pronti ad ampliare se ce ne fosse bisogno. Dobbiamo capire cosa succederà nei prossimi giorni”. I tempi di osservazione di questa malattia da parte dei medici sono “ancora brevi, ci muoviamo con una terapia empirica ragionata e basata sui pochi dati disponibili. Abbiamo osservato anche che un inizio precoce dei trattamenti sembra dare un vantaggio. E’ presto per trarre qualunque conclusione, più si andrà avanti e più informazioni avremo per modulare la riposta”.