Coronavirus, scenario da medicina delle maxiemergenze: “Se l’epidemia continua costretti a selezionare la terapia intensiva, non tutti potranno averla”

Se l'emergenza continua la terapia intensiva potrebbe non esserci per tutti. O per meglio dire: potrebbe essere necessaria una selezione per età e in base alle maggiori speranze di vita
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L’epidemia coronavirus è ormai un’emergenza nazionale o per meglio dire mondiale e sono unanimi gli appelli degli esperti che ribadiscono ai cittadini quanto sia fondamentale rispettare le norme di prevenzione specie in questi giorni. Per fermare l’epidemia di Coronavirus è infatti determinante ridurre al minimo i contagi e questo si può ottenere soltanto rimanendo a casa.

Precauzioni fondamentali per tutelare se stessi ma anche gli altri, anche perché il sistema sanitario non è in grado di sopportare un aumento esponenziale dei casi e una conseguente richiesta di terapia intensiva. E la terapia intensiva potrebbe non esserci per tutti. O per meglio dire: potrebbe essere necessaria una selezione per età e in base alle maggiori speranze di vita. 

Lo scenario è definito dalla Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) in un documento diffuso oggi dal titolo: “Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili”.

Di seguito le parti salienti del documento:

Emanuele Cremaschi

Le previsioni sull’epidemia da Coronavirus (Covid-19) attualmente in corso in alcune regioni italiane stimano per le prossime settimane, in molti centri, un aumento dei casi di insufficienza respiratoria acuta (con necessità di ricovero in Terapia Intensiva) di tale entità da determinare un enorme squilibrio tra le necessità cliniche reali della popolazione e la disponibilità effettiva di risorse intensive.

È uno scenario in cui potrebbero essere necessari criteri di accesso alle cure intensive (e di dimissione) non soltanto strettamente di appropriatezza clinica e di proporzionalità delle cure, ma ispirati anche a un criterio il più possibile condiviso di giustizia distributiva e di appropriata allocazione di risorse sanitarie limitate.

Uno scenario di questo genere è sostanzialmente assimilabile all’ambito della “medicina delle catastrofi”, per la quale la riflessione etica ha elaborato nel tempo molte concrete indicazioni per i medici e gli infermieri impegnati in scelte difficili.

Come estensione del principio di proporzionalità delle cure, l’allocazione in un contesto di grave carenza (shortage) delle risorse sanitarie deve puntare a garantire i trattamenti di carattere intensivo ai pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico: si tratta dunque di privilegiare la “maggior speranza di vita”.

Foto di Emanuele Cremaschi / Getty Images

Il bisogno di cure intensive deve pertanto essere integrato con altri elementi di “idoneità clinica” alle cure intensive, comprendendo quindi: il tipo e la gravità della malattia, la presenza di comorbidità, la compromissione di altri organi e apparati e la loro reversibilità.
Questo comporta di non dover necessariamente seguire un criterio di accesso alle cure intensive di tipo “first come, first served”. […]

Dalle informazioni ad ora disponibili, una parte consistente di soggetti con diagnosi di infezione da Covid-19 richiede supporto ventilatorio a causa di una polmonite interstiziale caratterizzata da ipossiemia severa. L’interstiziopatia è potenzialmente reversibile, ma la fase di acuzie può durare molti giorni. […] Può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in TI. “

“Le Raccomandazioni – puntualizza la Siaarti –  sono frutto di un lavoro collegiale che mette a fattor comune la normativa nazionale, le esperienze e i riferimenti scientifici, clinici e assistenziali nazionali e internazionali, profondamente intrecciati con le riflessioni dell’etica in situazioni emergenziali”.

Ma “non è la Siaarti, con questo Documento di Raccomandazioni, a proporre di trattare alcuni pazienti e di limitare i trattamenti su altri. Al contrario – conclude la Società scientifica – sono gli eventi emergenziali che stanno costringendo gli anestesisti-rianimatori a focalizzare l’attenzione sull’appropriatezza dei trattamenti verso chi ne può trarre maggiore beneficio, laddove le risorse non sono sufficienti per tutti pazienti”.

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