Enrico Bucci, professore di Biologia alla Temple University di Philadelphia, che da settimane elabora i dati relativi all’epidemia da coronavirus: in un’intervista a Repubblica l’esperto si sofferma sull’app “Immuni” e spiega che per essere davvero utile nel tracciare i contagi dovrebbe essere utilizzata almeno dal 70% degli italiani, di ogni fascia d’eta’ e in ogni zona del Paese. “Ma visto che, stando agli ultimi dati, solo il 66% degli italiani ha uno smartphone, sappiamo gia’ che il traguardo e’ irraggiungibile. A meno che lo Stato non distribuisca telefonini a chi non ne possiede“.
L’importanza della elevata penetrazione della app nella popolazione sta nel fatto che “ha a che fare con il famoso R0, l’indice di contagio, che nel caso di Covid-19 sappiamo essere 2,5: un contagiato infetta in media altre 2,5 persone” e immaginando la situazione ideale di un contagiato che frequentando una popolazione composta da 2,5 persone le infetta entrambe ma di “di questa popolazione solo il 50% usa la app e viene avvisata del contatto con il coronavirus. Questo significa che l’altra meta’ della popolazione (cioe’ 1,25 persone) non sapra’ di aver frequentato un contagiato e di essersi infettata. Dunque e’ come se avessimo abbassato l’R0 da 2,5 a 1,25. Ma il suo valore e’ comunque maggiore di 1 e quindi l’epidemia non e’ affatto sotto controllo“.
In un quadro piu’ realistico “se il contagiato in questione ha frequentato 1000 persone e tra loro solo il 50% usa la app, la probabilita’ di trovare le 2,5 che hanno contratto il virus e’ bassissima. Per questo, sono arrivato alla conclusione che si deve puntare a una copertura di almeno il 70% degli italiani“. Bucci riferisce di avere parlato di questo con i creatori di Immuni, “per chiedere se avessero fatto questi calcoli. Mi hanno risposto di no, perche’ nessuno glielo aveva chiesto. Ecco, la cosa piu’ preoccupante di questa vicenda e’ che nelle varie task-force governative non ci si sia posti la domanda piu’ semplice: qual e’ il numero minimo di italiani che devono usare la app perche’ abbia senso?“. Una app che comunque “mi sembra molto ben fatta dal punto di vista tecnico: difficile immaginare una soluzione migliore per proteggere la privacy dei cittadini. Ma non so quanto possa essere utile se la usera’ una percentuale di popolazione inferiore al 70%“, aggiunge l’esperto.