Coronavirus, zanzare vettori? “Probabilmente no, molti contagi in famiglia”

Il lockdown va avanti da qualche settimana, eppure in Italia i numeri di positivi al coronavirus continuano ad essere alti, c'è una spiegazione?
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Il lockdown va avanti da qualche settimana, eppure in Italia i numeri di positivi al coronavirus continuano ad essere alti, c’è una spiegazione? “Ci sono diversi motivi. Uno è che all’inizio c’è stata una coda di casi dovuta al fatto che il tempo di incubazione è più o meno lungo. Poi una parte di trasmissione intrafamiliare c’è”, spiega il professor Gianni Rezza, direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, intervistato oggi a ‘Non è un Paese per Giovani’, il programma di Rai Radio2 in onda dal lunedì al venerdì dalle 12 alle 14.

“Noi non facciamo come i cinesi che separano i contatti familiari in strutture diverse. Noi – ha aggi8unto Rezza – spesso li teniamo a casa e questo non impedisce del tutto la trasmissione all’interno della famiglia. Dopodiché abbiamo avuto grossi problemi di molti focolai tra operatori sanitari e in questo periodo in molte strutture sanitarie assistite, le case di riposo, soprattutto in zone risparmiate. Purtroppo questo è un problema serio”.

Quanto alla mappatura dei contagi, “bisognerebbe fare uno studio sieroepidemiologico, ossia andare a vedere quanti italiani hanno sviluppato degli anticorpi contro questo virus e per farlo bisognerebbe avere dei test cosiddetti sierologici e cioè che non si fanno col tampone ma col prelievo del sangue. Questi test sono stati appena commercializzati, li stiamo valutando perche’ potrebbero dare falsi positivi e falsi negativi. I casi certificati sono quelli che hanno avuto tampone positivo e quindi rappresentano solo una parte. Mal comune a tutta Europa dove fanno anche meno test di noi”.

Ad Alessandria e Roma ci sono medici che a bordo di camper stanno effettuando tamponi in diversi quartieri.”Non sono test di massa, sono iniziative mirate ad alcune strutture o zone rosse”, spiega l’esperto dell’Iss. Il quale si aspetta che da qui a Pasqua i casi continuino a diminuire e che possiamo dire a quel punto che la prima grande crisi l’abbiamo superata. Lì si navigherà a vista per decidere cosa fare, la politica deciderà. La necessità più impellente credo sia aprire, non appena la situazione migliori, alcune attività produttive perché il lockdown fa del male all’economia del Paese. Io sono epidemiologo e dovrei dire “chiudete tutto!” Però invece è chiaro che alcune attività dovranno riprendere gradualmente, prendendo delle misure di sicurezza, a poco a poco si valuterà. Certo il livello di guardia dovrà  rimanere molto alto”.

Quanto all’ipotesi secondo cui le zanzare potrebbero essere un veicolo per il contagio, Rezza spiega che non sono stati fatti studi sperimentali, “però probabilmente no. Questo non dovrebbe essere un virus che si trasmette per vettori ma è il classico virus respiratorio, quindi viene trasmesso attraverso le goccioline di saliva dette ‘goccioline di flug'”. Ma la scia di quello che ci precede al supermercato che uno segue, potrebbe essere un luogo pericoloso se passiamo solo dopo 20 secondi? “E che dovrebbe fare quello che ci precede, uno starnutone di quelli giganteschi?“, la replica di Rezza.

Resta il giallo della Lombardia, mentre il vicino Veneto che ha cominciato nello stesso periodo si sta aprendo a ripartire. Cosa è accaduto al confine tra le due regioni? “Difficile dirlo. Il Veneto è stato colpito soprattutto in un paesino e poi ha una forte struttura di controllo territoriale: le ASL, le strutture di prevenzione. La Lombardia è più ‘ospedalecentrica’. E’ vero che sono stati scoperti quasi contemporaneamente, ma su questo potrebbe aver fatto la differenza il numero della popolazione. La Lombardia ha 10 milioni di abitanti”. Infine, i 16mila guariti, censiti dalla Protezione Civile, potrebbe essere un bel campione su cui fare ricerca? “I guariti sono guariti. Sono persone che lo hanno avuto e quindi dovrebbero avere questi benedetti anticorpi. C’è questo studio inglese che dice che un terzo della popolazione italiana sarebbe già immune ma io dico “magari!” E’ chiaro che noi basandoci solo sulle notifiche delle persone positive sottostimiamo il fenomeno. Ma anche se intercettassimo solo il 5% arriveremmo a 2 milioni. Per arrivare a sei milioni come dice questo studio, che si basa su modelli matematici che si riferiscono alle regioni più colpite, ce ne vuole”.

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