Coronavirus, dopo Pasqua inizia la “fase 2”: 18 aprile data chiave, riapriranno prima le Regioni del Sud con Calabria e Sicilia in pole position

Coronavirus, il punto della situazione e gli ultimi aggiornamenti sulla "fase 2" che inizierà dopo Pasqua
MeteoWeb

Mancano 7 giorni al fatidico 13 aprile che segnerà una nuova tappa della battaglia dell’Italia alla pandemia di Coronavirus: sia gli esperti che le massime autorità dello Stato hanno già spiegato che dopo Pasqua, difficilmente già dal 14 ma in ogni caso nella seconda metà del mese (forse già Sabato 18 Aprile, o nella peggiore delle ipotesi nella settimana immediatamente successiva), passeremo alla “fase 2” della battaglia anti Covid-19. Una fase in cui non ci sarà, ovviamente, il “liberi tutti” ne’ il ritorno alla normalità: rimarranno chiuse le scuole, sospese le manifestazioni sportive, non riapriranno certamente cinema, pub e altri luoghi chiusi in cui si verificano assembramenti. Ma si potrà iniziare un percorso graduale di riapertura delle attività lavorative e dei luoghi pubblici in cui, pur evitando assembramenti e mantenendo il distanziamento sociale, sarà possibile andare a passeggio, praticare attività sportiva, giocare con i bambini e gli animali.

A spiegare in modo specifico la “fase 2” è stato oggi il virologo dell’Università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco, che in un’intervista all’AGI ha detto come “sarà graduale, scaglionata e flessibile. E’ impossibile pensare di riaprire tutto subito come se non fosse successo niente ed è difficile pensare di ripartire solo quando i contagi saranno a zero. Si inizierà a riaprire quando i nuovi casi saranno pochi e, quindi, considerati tollerabili. Si inizierà dalle regioni meno colpite e con meno casi, come la Sardegna, fino ad arrivare per ultimo alla Lombardia“.

Insomma, non bisognerà arrivare a “casi zero” e si inizierà dalle Regioni meno colpite. Che sono quelle del Sud, dove i casi sono pochi e “tollerabili” già adesso. Oggi, ad esempio, in Molise non ci sono stati nuovi casi. In Basilicata sono stati appena 9, in Sardegna 15, in Calabria 22, in Sicilia 52. Le Regioni meno colpite in termini di contagi sono proprio il Molise (224 positivi in tutto), la Basilicata (287), la Calabria (817) e la Sardegna (922), ma rispetto alla popolazione anche Sicilia (2.046 casi), Puglia (2.444 casi) e Campania (3.058 casi) hanno dei numeri di contagio estremamente contenuti (dati aggiornati al bollettino della protezione civile del pomeriggio di Lunedì 6 Aprile).

Di seguito le curve epidemiche nelle varie Regioni del Sud, in cui possiamo osservare il netto brusco di casi positivi degli ultimi giorni in tutte le Regioni e soprattutto in Sicilia:

Per capire però quali sono le Regioni davvero più o meno colpite d’Italia, bisogna calcolare la percentuale di casi positivi sui tamponi effettuati. E questa percentuale, che abbiamo calcolato per tutte le Regioni italiane, dimostra come la Calabria sia la Regione di gran lunga meno colpita: è quella che ha fatto più tamponi (13.633) rispetto al numero di abitanti (2 milioni) e all’effettiva circolazione dell’epidemia, con appena 817 contagiati che corrispondono al 6,0% dei positivi rispetto ai controllati. Questa percentuale è molto bassa anche nel Lazio (8,4%, con appena 4.031 positivi su 47.470 tamponi), in Sicilia (8,7%, con appena 2.046 positivi su 23.464 tamponi) e in Basilicata (9,4%, con appena 287 positivi su 3.061 tamponi). Nella tabella possiamo osservare l’eccezione del Veneto, che rappresenta la Regione più virtuosa in assoluto per numero di tamponi: ne ha fatti ben 146.288, e nonostante l’alto numero di contagiati (11.588, pari al 7,9% dei controllati) è riuscita ad arginare l’epidemia, andando a individuare il più alto numero possibile di contagiati riuscendo a isolarli ed evitare il contagio. A differenza la percentuale di Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta fa capire come al Nord/Ovest la percentuale dei positivi sui tamponi effettuati sia superiore al 30%, con una forte circolazione dell’epidemia anche in soggetti non censiti.

Secondo lo studio “The Covid-19 Infection in Italy: A Statistical Study of an Abnormally Severe Disease“il numero di persone contagiate oggi in Italia è già compreso tra 1,4 e 7 milioni, in linea con la stima della Imperial College che nei giorni scorsi aveva parlato di 6 milioni di contagiati in base al calcolo sul numero di morti e il reale tasso di letalità del Coronavirus (che è inferiore all’1%). Nello stesso studio dei ricercatori italiani viene specificato come il picco sia già stato superato, e che la curva epidemica sia nella fase discendente.

Ovviamente siamo ancora lontani dalla normalità, ma come già ampiamente annunciato da esperti e autorità, la fase 2 sarà quella della “convivenza” con il virus. Perchè non c’è la possibilità di estirparlo. E in base a questo, Pregliasco ha spiegato che la riapertura sarà flessibile, pronta a essere revocata in caso di necessità. “Tutto si giochera’ sulla nostra capacita’ di bloccare tempestivamente l’insorgenza di piccoli focolai sul territorio. Quindi – dice l’esperto – la situazione andrà monitorata attentamente e dovremo essere pronti ad applicare misure restrittive mirate in caso di bisogno“. Che è ciò che sta già succedendo nelle Regioni del Sud, come in Calabria dove la Regione ha già istituito 14 zone rosse, andando a isolare i piccoli comuni in cui si sono verificati piccoli focolai, anche di 5-10 casi, riuscendo così a bloccare il contagio ed evitare che il virus arrivasse a circolare anche nelle zone più popolose e nelle principali città.

Insomma, la situazione sta migliorando in tutt’Italia e ci apprestiamo alla riapertura, che ovviamente sarà lenta e graduale. Le Regioni del Sud, dove l’epidemia è arrivata soltanto in modo molto marginale e non s’è verificata alcuna criticità ospedaliera (addirittura, sempre in Calabria, i posti letto dei reparti di terapia intensiva sono occupati appena per il 10%), potranno essere un modello-laboratorio per la ripartenza dell’Italia intera. E in pole position c’è anche la Sicilia, che è riuscita a contenere molto bene l’epidemia e dove da giovedì presso il laboratorio di analisi del presidio di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) sarà già operativo il sistema per la determinazione delle immunoglobuline (IGG e IGM) per il Covid-19, consentendo gli screening della popolazione e stabilire se si sono sviluppati gli anticorpi, e quindi si è contratto il Coronavirus o meno. E’ un’avanguardia nazionale: questo importante esame sarà complementare agli esami di biologia molecolare per l’estrazione del RNA sui tamponi e consentirà una migliore definizione della mappatura epidemiologica, elemento di fondamentale importanza nella lotta contro il coronavirus.

Dalle eccellenze dello Spallanzani e del Columbus di Roma e del Cotugno di Napoli, alle misure d’emergenza di Puglia, Calabria, Basilicata e Sicilia, e al grande senso di responsabilità della popolazione che rispetta in modo molto rigido le misure di distanziamento sociale, stiamo scoprendo che a fronte di un disastro apocalittico nelle Regioni del Nord, la sanità del Sud s’è dimostrata molto più all’altezza della situazione in tutti i suoi componenti. Nonostante lo scellerato esodo di oltre 100 mila meridionali che dopo il grande pasticcio del decreto del Governo sono fuggiti da Milano e dalla Lombardia per tornare a casa, portando l’epidemia lì dove senza quell’episodio non sarebbe neanche arrivata.

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