Coronavirus: gli Usa pronti ad autorizzare l’uso di remdesivir ma uno studio getta dubbi, “non funziona”

La Food and Drugs Administration americana è pronta ad autorizzare in emergenza l'uso del farmaco sperimentale remdesivir per trattare i pazienti affetti da coronavirus
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La Food and Drugs Administration americana è pronta ad autorizzare in emergenza l’uso del farmaco sperimentale remdesivir per trattare i pazienti affetti da coronavirus. L’antivirale prodotto dalla società americana Gilead Science è stato testato su un gruppo di persone contagiate dal Covid-19 e ha dato buoni risultati, accelerando del 31% i tempi di guarigione, spiega l’Istituto della sanità americana.

Uno studio però getta nuovi dubbi sulla cura. Il remdesivir “non accelera il recupero nei pazienti con Covid-19 in pazienti critici”. E’ questa la conclusione a cui è arrivato uno studio, condotto in Cina, i cui risultati erano stati pubblicati per errore dall’Oms qualche giorno fa. Nell’articolo conclusivo, pubblicato da Lancet, gli stessi ricercatori invitano pero’ a prendere con le molle i risultati per le piccole dimensioni del trial. Nello studio sono stati arruolati 237 pazienti adulti, che sono stati assegnati casualmente al trattamento con remdesivir o a un placebo per 10 giorni. “Sfortunatamente il nostro test ha trovato che, sebbene sia sicuro e adeguatamente tollerato, il remdesivir non fornisce benefici significativi rispetto al placebo – spiega Bin Cao, della Capital Medical University cinese. – Non è il risultato in cui speravamo, ma dobbiamo tenere a mente che siamo riusciti ad arruolare solo 237 dei 453 pazienti che speravamo. Inoltre le restrizioni nella disponibilità dei letti ha fatto sì che la maggior parte dei pazienti sia stata arruolata con la malattia in fase avanzata”.

Sul fronte dei vaccini sono ormai 90 i candidati in fase di test, complessivamente basati su otto principali tecniche. C’è voluta la potenza di calcolo che l’Italia ha utilizzato per scoprire il bosone di Higgs, ma in meno di un mese il risultato è arrivato: sono stati passati in rassegna 9.000 farmaci già disponibili fino a trovarne 35 che potrebbero combattere il nuovo coronavirus responsabile della pandemia di Covid-19. Un risultato tutto italiano, pttenuto dall’azienda Sybilla Biotech e dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), che il ministro per l’Università e la Ricerca, Gaetano Manfredi, ha giudicato un “traguardo brillante” e “la conferma che il lavoro di un ricercatore ha anche e soprattutto un ruolo civico”.

La potenza di calcolo fornita dall’ente ha permesso all’azienda, spin-off dello stesso Infn e delle università di Trento e Perugia, di studiare la struttura della principale porta d’ingresso che il virus SarsCoV2 utilizza per invadere le cellule umane, il recettore Ace2. Sono state scoperte così due ‘tasche’, due stati intermedi che la struttura della proteina Ace2 assume ripiegandosi su stessa; il passo successivo è stato esaminare 9.000 farmaci esistenti fino a individuarne 35 in grado di legarsi alle due tasche. Di questi una appartiene alla famiglia chimica dell’idrossiclorochina, ora potranno affrontare i test per capire se potranno diventare farmaci.

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