Nella confusione e nel disordine generalizzati, la SIMG cerca di fare chiarezza e fornire un elemento di orientamento e supporto alla comunità dei medici di famiglia, che ammontano a circa 60mila professionisti in prima linea contro il Coronavirus, una categoria che sta pagando un prezzo assai alto in questa lotta quotidiana, in termini di vite umane e dazio al virus.
“Si utilizza il termine DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) senza un perché e senza i DPI stessi – evidenzia il Presidente SIMG Claudio Cricelli, che lancia un forte appello e cerca di precisare. – Questo significa che un medico potrebbe gettarsi a casa di un paziente con febbre munito di una mascherina chirurgica usata da una settimana e fornita sul piazzale di qualche distretto, con il risultato di occupare un letto in più in ospedale e lasciare 1500 persone senza un riferimento per un tempo imprecisato. Servono risposte concrete; semplici regole che sostituiscano algoritmi complessi. Cerchiamo di riassumerle in questo documento, attraverso semplici quesiti a fronte di un vademecum che verrà pubblicato in queste ore sul sito SIMG www.simg.it per poter meglio orientare tutti i colleghi”.
Qual è il ruolo del Medico di Medicina Generale con le dotazioni ad oggi in suo possesso?
IDENTIFICARE IL PAZIENTE SULLA BASE DEL SOSPETTO CLINICO – I medici che operano in un territorio ad elevata incidenza di infezione da COVID-19 riconoscono dopo 30 secondi dall’inizio di un’intervista telefonica il paziente con sintomi compatibili. Abbandoniamo complessi algoritmi. L’esecuzione sul territorio del tampone per la diagnosi è un tema interessante, che però ci distrae dall’identificazione precoce del paziente. Una semplice regola: “Sulla base dei sintomi che riferisce il paziente saresti sorpreso che fosse affetto da COVID-19?” Se la risposta è “Non sarei sorpreso” identificalo e poniti il sospetto diagnostico. Segnaliamo questi pazienti al servizio di Igiene, perché è giusto, perché è di buon senso. Il nostro ruolo è identificare il paziente (siamo Medici di Medicina Generale), il loro compito è creare percorsi che confermino il nostro sospetto.
ISOLARE IN VIA PRECAUZIONALE IL PAZIENTE E METTERE IN QUARANTENA I CONTATTI STRETTI (perlomeno i familiari) – Abbiamo bloccato un Paese intero ma lasciamo che i parenti di pazienti con sintomi compatibili vadano a fare la spesa o peggio si rechino al lavoro. Dobbiamo invece isolare il paziente sintomatico dal suo contesto familiare e procedere in via precauzionale alla quarantena dei familiari. Quali siano gli strumenti burocratici/legali per agire in tal senso non si comprende nella giungla dei documenti circolanti. Abbiamo dalla nostra parte la comunicazione in primis (spieghiamo al paziente le norme di isolamento e ai familiari qual è il comportamento da seguire come precauzionale quarantena). COVID19 corre veloce, più veloce dell’apparato burocratico; combattere con regole ordinarie lo straordinario, dovremmo ormai averlo compreso tutti, non è una strategia vincente. Il punto in oggetto è la vera battaglia contro questa epidemia: dovrebbe avere priorità assoluta dal punto di vista normativo e organizzativo.
MONITORARE I PAZIENTI – Sentiamo i pazienti anche due volte al giorno e diventiamo i corrieri dei saturimetri e ancora una volta del buon senso. Intervista telefonica ben fatta, domande precise, monitoraggio costante, saturazione, rilevazione di parametri (temperatura, pressione arteriosa, frequenza cardiaca e frequenza respiratoria) e la maggioranza dei pazienti può essere gestita a domicilio senza ulteriori interventi.
IMPOSTARE UNA TERAPIA SINTOMATICA E DI SUPPORTO – Cerchiamo di stare con i piedi per terra e utilizzare la medicina basata sul buon senso. Che siano le Società Scientifiche di riferimento a indicarci, attraverso il confronto intersocietario, come trattare il paziente a domicilio; ci sono terapie di comprovata efficacia (ad esempio l’ossigeno liquido, che nelle aree più colpite è difficile reperire) che non hanno bisogno di AIFA o di RCT. Se viene proposto un trattamento con farmaci, che questi siano disponibili sul territorio e non rimangano parole scritte su documenti virali inoltrati su chat di gruppo.
PIANIFICARE IL PERCORSO DEL PAZIENTE – Nel monitoraggio cerchiamo di analizzare l’andamento clinico del paziente e identifichiamo le red flags per attivare in maniera appropriata il Servizio di Emergenza e Urgenza. Confrontiamoci con i Colleghi Ospedalieri (meglio definirci Colleghi del Sistema Sanitario Nazionale) che stanno dimostrando una disponibilità infinita e un impegno senza precedenti.
COMUNICARE CON IL PAZIENTE E TRA OPERATORI – Siamo in una situazione in cui c’è confusione, servono parole chiare, lucide e di buon senso. Comunichiamo al paziente anche la straordinarietà del momento che vive il SSN. Comunicare e informare non sono la stessa cosa. Parliamoci, confrontiamoci, sosteniamoci tra operatori, una categoria quest’ultima che comprende Infermieri, Personale di Segreteria e Amministrativo, Farmacisti, Volontari, Servizi Sociali e tanti altri. Rimane un punto non chiaro, nebuloso, che ha bisogno di certezze e di semplici regole: il sommerso dei pazienti identificati e che non hanno eseguito tampone per la diagnosi guarisce clinicamente. Identificarlo è facile, considerarlo non infettivo difficile, forse impossibile senza l’esecuzione di un tampone (anzi due). Servono esperti che si confrontino con noi Medici di Medicina Generale e ci diano delle indicazioni, preferibilmente semplici.