Coronavirus e complicanza ischemica: un rischio concreto che aggrava la prognosi

Nel mese di marzo all'ospedale Maggiore di Parma sono stati osservati alcuni casi con infezione Covid-19 che hanno presentato quadri clinici di ischemia acuta arteriosa agli arti
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L’infezione da Sars-Cov-2 presenta ancora aspetti non completamente definiti sul versante vascolare, anche se numerose osservazioni hanno sottolineato la presenza di tromboembolismo polmonare in pazienti Covid-19. Sicuramente la ‘tempesta’ pro-infiammatoria e le alterazioni dell’assetto coagulativo che si sono osservate in corso di malattia, possono giustificare gli eventi tromboembolici venosi descritti. Lo affermano ricercatori dell’Università di Parma, che sul tema hanno inviato una lettera, descrivendo la loro casistica, pubblicata sul Lancet.

“Naturalmente l’esiguità numerica dei casi osservati ad oggi non permette di trarre conclusioni certe – affermano – ma sembra che la complicanza ischemica rappresenti un indicatore prognostico fortemente negativo per questi pazienti”. Nel mese di marzo all’ospedale Maggiore di Parma sono stati osservati alcuni casi con infezione Covid-19 che hanno presentato quadri clinici di ischemia acuta arteriosa agli arti. In alcuni pazienti l’evento ischemico non trovava giustificazione in un’arteriopatia o in una cardiopatia emboligena coesistente.

Questa osservazione è stata condivisa con altri Centri Covid-19 dell’Emilia-Romagna e della Lombardia che hanno riportato medesime osservazioni, descrivono nella lettera Antonio Freyrie e Matteo Azzarone del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma, e Paolo Perini, Bilal Nabulsi e Claudio Bianchini Massoni. Per poter disporre di una casistica numericamente più consistente – si legge in una nota – i medici della Chirurgia vascolare di Parma stanno collaborando con la Società italiana di chirurgia vascolare e endovascolare (Sicve) su un progetto di raccolta dati a livello nazionale.

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