Nel pieno della fase 2 dell’emergenza coronavirus è attesa oggi la decisione del Governo in merito alla riapertura delle Regioni il 3 Giugno. La data, segnerebbe ufficialmente l’avvio della fase 3: tutti i cittadini potrebbero circolare regolarmente in tutta Italia, mantenendo comunque mascherine, norme igieniche e distanza di sicurezza.
Insomma, un giorno tanto atteso perché introdurrebbe una nuova era per gli italiani che, nell’era del coronavirus, potrebbero ricominciare a condurre la loro vita normalmente senza dimenticare la lezione del Covid. La riapertura sarebbe fondamentale non solo per permettere ai cittadini di spostarsi per motivi personali da una regione all’altra, ma anche per dare l’opportunità al BelPaese di rimettere in moto la macchina del turismo e tutto ciò che ne consegue, elemento cardine dell’economia italiana.
Ma quali sono le reali ipotesi di riapertura? Innanzitutto, in particolare dopo le polemiche di ieri e lo scontro verbale tra il Governatore della Sardegna Solinas e il Sindaco di Milano Sala, si esclude un’apertura differenziata: le Regioni riapriranno tutti insieme e no, non vi sarà alcuna patente di immunità né certificato. Dopo la “bocciatura” del passaporto sanitario, resta ancora sul tavolo l’opzione di una quarantena breve per chi va in alcuni aree. Intanto l’Iss parla di una “Italia a tre velocità” ma precisa: “Il virus è ovunque in decremento”.
Oggi, venerdì 29 maggio, vengono resi noti i dati del monitoraggio settimanale dei contagi effettuato da Iss e Ministero della Salute. In base alla curva epidemica e al fattore Rt si deciderà il da farsi. La decisione ufficiale dovrebbe essere comunicata domani 30 maggio, a seguito dell’incontro governo-Regioni.
Pertanto sono due gli scenari possibili: se i dati sono positivi verrà confermata l’apertura di tutte le Regioni il 3 giugno, in caso contrario la tanto attesa riapertura verrà rinviata di 7 giorni. L’Italia potrebbe dunque riaprire il 10 Giugno, Un’eventualità vista con favore dal ministro Speranza e dagli esperti, che insistono sulla necessità di procedere con prudenza per evitare la nascita di nuovi focolai. Tuttavia, visti i dati in calo, sembra essere più probabile la prima ipotesi.
Ma cosa ne pensano gli esperti in merito?
“Il punto non sono tanto gli spostamenti, quanto i comportamenti. Vai in un’altra regione? Osserva le norme e tutto andrà bene. Lo dico anche per l’economia, io credo che ormai si possa andare serenamente in vacanza. Chiaramente non sarà lo stesso modo di andare in ferie dell’anno scorso”. Lo sostiene Zeno Bisoffi, professore associato all’università di Verona, direttore del dipartimento Malattie infettive nell’Irccs ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, in un’intervista a ‘La Nazione’, ‘Il Giorno’ e ‘Il Resto del Carlino’.
“Ho un atteggiamento molto meno rigido rispetto alle indicazioni che ci sono state finora riguardo i trasferimenti da una regione all’altra – afferma – Del resto, il rischio che corro o faccio correre a un’altra persona, se dalla provincia di Verona mi sposto alla provincia di Trento, che è un’altra regione, sostanzialmente è identico a quello che corro o faccio correre se mi sposto a Vicenza o Padova, che sono all’interno della mia regione. Questi confini generalizzati mi hanno sempre destato qualche perplessità. Ora mi pare che andiamo verso il superamento di questo criterio, dopo il 2 giugno dovrebbero cadere i vincoli regionali e credo che questa sia sicuramente una buona cosa”.
Per Bisoffi “non è questione di essere fiduciosi o prudenti. Se siamo con amici, tutti distanti un metro, seduti ai tavolini di un bar all’aperto, che cosa c’è da temere? Prendiamoci un aperitivo, senza mascherine, in allegria. Anche i voli vanno incoraggiati. Certo io preferirei che ci fossero posti distanziati in aereo, perché sono ambienti chiusi, ci potrebbe essere un portatore asintomatico. Ma è anche vero che la carica virale in circolazione è inferiore, abbiamo contagi sporadici, attenuati. Occorre solo abituarsi al distanziamento e alle cautele in presenza di altri per impedire che il virus riprenda la trasmissione”.
E ancora “riprendiamo i viaggi, evitando mezzi affollati. Se tutti osservano le norme igieniche siamo a posto – è convinto l’infettivologo – Andiamo incontro alla bella stagione, approfittiamone. Prima dicevo dei tavolini all’aperto, i clienti devono stare tranquilli. Dentro ai locali sono favorevole alla distanza di un metro. Stiamo arrivando al giusto compromesso”.
Invece secondo Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute, “è troppo presto per prendere una decisione. Un’apertura in queste condizioni esporrebbe a rischi. Bisognerebbe riaprire quando si è certi che i dati” dei contagi da Covid-19 “siano validi”. In un’intervista a ‘La Repubblica’ l’esperto frena, spiegando che “la politica può prendere decisioni se è certa dei dati. La scelta è giusta se si basa su indicatori giusti, ma in questo caso potrebbero non essere solidi”.
E “se i numeri non sono certi, si finisce per fare scelte che possono non essere corrette“. Con le prime riaperture della fase 2 dell’emergenza coronavirus, quelle del 4 maggio, “finora è andata bene soprattutto grazie al comportamento degli italiani, che stanno evidentemente rispettando le buone regole per evitare i contagi – osserva Ricciardi – E’ importante però non abbassare la guardia proprio per non vanificare i sacrifici fatti. Quanto alle riaperture del 18 maggio, dobbiamo aspettare ancora qualche giorno”, anche perché “in alcune regioni del Nord si vede un po’ di movimento”.
Ma allora perché il monitoraggio basato sui 21 indicatori anche questa settimana dà un rischio basso in tutte le grandi regioni? “Il sistema di indicatori è stato elaborato a livello centrale, giustamente – risponde il consulente del ministro Roberto Speranza – ma è alimentato da attività di diagnostica e dalle segnalazioni delle regioni, quindi dipende dalle capacità di gestione dei sistemi regionali. Se sono efficaci ed efficienti, allora i dati sono attendibili. Se non lo sono, per una serie varia di ragioni, quei numeri non sono attendibili. E ci sono motivi seri per pensare che in alcune regioni questi dati adesso non lo siano”, mette in guardia Ricciardi che aggiunge: “Dalla modifica costituzionale del 2001, raramente è successo che il sistema di indicatori abbia funzionato in modo efficiente e tempestivo. In questo caso poi il flusso dei dati non è solo amministrativo, ma riguarda anche l’attività di laboratorio, le diagnosi. Quindi è ancora più complesso”.