Il 2020, anno che verrà ricordato per l’emergenza coronavirus, verrà annoverato anche per la più grande riduzione annuale di emissioni, a livello globale, mai registrata dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Il blocco delle attività imposto dalla pandemia ha avuto un effetto “estremo” sulle emissioni quotidiane di carbonio: a livello globale sono diminuite del 17% (pari a 17 milioni di tonnellate di anidride carbonica) durante il picco delle misure di lockdown del 7 aprile rispetto ai livelli medi giornalieri nel 2019, scendendo a una quota osservata l’ultima volta nel 2006. In Italia, il calo massimo delle emissioni è stato del 27,7%.
Lo dice la prima analisi con riscontro scientifico sul calo delle emissioni di Co2 durante il lockdown per la Covid-19. Pubblicata sulla rivista Nature Climate Change, la ricerca – guidata dall’Università britannica dell’East Anglia con quella di Stanford e il Center for International Climate research di Oslo – ha sviluppato un metodo per stimare la variazione delle emissioni di Co2 per ogni giorno e ogni Paese del mondo da gennaio ad aprile 2020.
Sono stati poi esaminati i cali di carbonio in sei settori: i trasporti terrestri hanno rappresentato quasi la metà (43%) della riduzione, anche energia elettrica e industria insieme hanno contato per il 43% e l’aviazione il 10%. Gli autori hanno testato l’impatto di questo taglio di Co2 in tre potenziali scenari alla fine di quest’anno, indicando che potremmo essere sulla buona strada per un calo fra il 4 e il 7% delle emissioni totali.
Gli autori avvertono che la corsa verso i pacchetti di stimolo economico non deve far aumentare le emissioni future ritardando il Green Deal o riducendo i target per i tagli alle emissioni, e la COP26 rimane una pietra miliare vitale in questo sforzo. E raccomandano ai decisori politici di concentrarsi sulle politiche relative ai trasporti e alla mobilità, dato che hanno rappresentato circa la metà della diminuzione delle emissioni durante il confinamento, e di attuare ‘‘un cambiamento sistemico attraverso le energie rinnovabili”.
“Il confinamento della popolazione ha portato a drastici cambiamenti nell’uso dell’energia e nelle emissioni di CO2 – dichiara Corinne Le Quéré dell’Università dell’East Anglia, autrice principale dell’analisi – però, queste diminuzioni estreme saranno probabilmente temporanee, in quanto non riflettono i cambiamenti strutturali nei sistemi economici, di trasporto o energetici. La misura in cui i leader mondiali considereranno i cambiamenti climatici quando pianificano le loro risposte economiche post Covid-19 influenzerà i percorsi globali delle emissioni di CO2 per i decenni a venire“.
Per Corinne Le Quéré, “esistono opportunità per realizzare cambiamenti reali e duraturi ed essere più resistenti alle crisi future, attuando pacchetti di stimolo economico che contribuiscano anche a raggiungere gli obiettivi climatici, soprattutto per la mobilità, che rappresenta la metà della riduzione delle emissioni durante il confinamento. Ad esempio, nelle città e nelle periferie, sostenere gli spostamenti a piedi e in bicicletta e l’adozione di biciclette elettriche è molto più economico e migliore per il benessere e la qualità dell’aria rispetto alla costruzione di strade, e preserva la distanza sociale”.
Anche per il co-autore dello studio, Rob Jackson dell’Università di Stanford e presidente del Global Carbon Project, “il calo delle emissioni è sostanziale ma mostra la sfida di raggiungere i nostri obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi. Abbiamo bisogno di un cambiamento sistemico attraverso le energie rinnovabili e le auto elettriche, non di riduzioni temporanee dovute a comportamenti imposti”.
“Anche se il Covid-19 è una tragedia umana – aggiunge il co-autore Glen Peters, direttore di ricerca presso il Cicero, Center for International Climate Research di Oslo, Norvegia – ci ha costretti a guardare al problema del clima con occhi nuovi. Le politiche di confinamento per il coronavirus non hanno lo scopo di risolvere la crisi climatica, ma i dati in tempo reale che raccogliamo ora possono aiutarci a progettare politiche climatiche più efficaci in futuro”.