Bambini e ragazzi intrappolati tra una povertà materiale crescente a causa dell’emergenza Coronavirus in Italia e la mancanza di opportunità educative, le difficoltà nella didattica a distanza e il mancato accesso alle attività educative extrascolastiche, motorie e ricreative. Per molti di loro la prospettiva è rimanere indietro, perdere non solo motivazione e competenze scolastiche, ma, in alcuni casi, essere spinti ad un isolamento che può portare all’abbandono della scuola.
Questo l’allarme di Save the Children che oggi, in occasione del lancio della campagna Riscriviamo il Futuro e di un nuovo intervento programmatico che intende raggiungere 100.000 bambine, bambini e adolescenti in 30 città in Italia, diffonde un rapporto che include l’inedita indagine realizzata per l’Organizzazione dall’istituto di ricerca 40 dB [1] su un campione di oltre 1000 bambini e ragazzi tra gli 8 e i 17 anni e i loro genitori , che include un 39,9% del totale che è in condizioni di fragilità socio-economica anche a causa della Crisi Covid19.
Circa 1 minore su 5 incontra maggiori difficoltà a fare i compiti rispetto al passato e, tra i bambini tra gli 8 e gli 11 anni, quasi 1 su 10 non segue mai le lezioni a distanza o lo fa meno di una volta a settimana. Circa 1 genitore su 20 ha paura che i figli debbano ripetere l’anno, nonostante le disposizioni ministeriali lo vietino, o che possano lasciare la scuola, tassi che tra le famiglie in maggiori difficoltà economica[2], passano rispettivamente a quasi 1 su 10 e 1 su 12. Quasi la metà delle famiglie con maggiori fragilità (45,2%) vorrebbe “le scuole aperte tutto il giorno con attività extrascolastiche e supporto alle famiglie in difficoltà”, opzione che comunque è gradita dal 39,1% dei genitori intervistati. D’altronde sei genitori su dieci (60,3%) ritengono che i propri figli avranno bisogno di supporto quando torneranno a scuola data la perdita di apprendimento degli ultimi mesi.
Una fotografia della povertà educativa che si alimenta, in un circolo vizioso, con quella della crisi economica che ha impoverito ulteriormente le famiglie. Quasi 1 genitore su 7 (14,8%), tra quelli con una situazione socio-economica più fragile, ha perso il lavoro definitivamente a causa dell’emergenza Covid-19, oltre la metà lo ha perso temporaneamente, mentre più di 6 su 10 stanno facendo i conti con una riduzione temporanea dello stipendio[3], al punto che rispetto a prima del lockdown la percentuale di nuclei familiari in condizione di vulnerabilità socio-economica che beneficia di aiuti statali è quasi raddoppiata, passando dal 18,6% al 32,3%. Si tratta di genitori che, nel 44% dei casi, sono preoccupati di non poter tornare al lavoro o cercarne uno perché i figli non vanno a scuola e non saprebbero a chi lasciarli.
Questo scenario allarmante è contenuto nel rapporto “Riscriviamo il Futuro. L’impatto del Coronavirus sulla povertà educativa” diffuso oggi da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro – e che fotografa la condizione delle famiglie che si sono affacciate alla “Fase 2” dell’emergenza Covid-19. L’indagine, svolta su un campione di oltre mille famiglie e minori, viene rilasciata in occasione del lancio della nuova campagna “Riscriviamo il futuro” per offrire educazione, opportunità e speranza ai bambini, alle bambine e agli adolescenti che vivono nei contesti più deprivati del Paese e per chiedere al Governo, al Parlamento, alle Regioni e a tutte le istituzioni locali di riscrivere il futuro dell’Italia e aiutare i bambini a uscire dalla povertà educativa con un Piano straordinario per l’infanzia e l’istituzione di una unità di missione che ne garantisca l’attuazione.
“Non possiamo permettere che l’epidemia di COVID-19 in pochi mesi tolga ai bambini e agli adolescenti in Italia opportunità di crescita e sviluppo. Dobbiamo agire subito per non privarli del loro futuro. L’educazione, formale e non, rappresenta per i nostri bambini l’ancora di salvezza per avere opportunità nel presente ma soprattutto per garantire la libertà di scegliere il proprio futuro, specie nei contesti più svantaggiati” ha affermato Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children Italia.” “Di fronte ad uno scenario profondamente cambiato e in presenza di sfide nuove e di lungo periodo, abbiamo deciso di incrementare il nostro intervento in Italia, facendo leva sull’infrastruttura territoriale che abbiamo sviluppato in questi anni e su preziose partnership sia a livello locale che nazionale. Il nostro Paese deve ripartire dai bambini, quelli più vulnerabili. Lavoreremo in collaborazione con il sistema scolastico, incrementeremo le opportunità di sviluppo attraverso attività extrascolastiche e, dove necessario, prenderemo in carico i nuclei familiari in difficoltà economica per accompagnarli ad una nuova autonomia. Ora più che mai è necessario un impegno collettivo che veda tutti coinvolti – cittadini, famiglie, scuole, terzo settore, aziende e istituzioni – per una ripartenza che identifichi i diritti dei minori come bussola per intervenire nel presente e riscrivere il futuro”.
Secondo l’analisi dell’Organizzazione e i dati dell’indagine, accanto al drammatico impoverimento economico esiste un pericolo concreto di un forte incremento della povertà educativa già ampiamente diffusa nel nostro Paese prima della crisi. Bambini e adolescenti, soprattutto quelli che vivono ai margini, potrebbero essere lasciati indietro nell’apprendimento e nello sviluppo delle proprie capacità, restare isolati e perdere fiducia e motivazione in se stessi e nello studio, con il pericolo concreto di abbandonare il loro percorso scolastico, fenomeno che riguarda già nel nostro paese il 13,7% dei ragazzi[4]. Territori, da nord a sud dello stivale, ad alto rischio educativo per i minori, come dimostrano le mappe elaborate dall’Organizzazione, e dove a causa della crisi le povertà preesistenti si sono acuite o se ne sono sviluppate di nuove, con molte altre famiglie che si sono trovate improvvisamente in difficoltà. Un isolamento che riguarda anche le attività extrascolastiche, così come quelle sportive e motorie all’aperto, e che già prima della crisi facevano registrare alti indici di povertà educativa, se pensiamo che nel nostro Paese normalmente più di 4 ragazzi su 10 non fanno sport e quasi 1 su 2 non legge un libro non scolastico[5].
In occasione del lancio della campagna “Riscriviamo il futuro”, Save the Children diffonde anche un Manifesto per chiedere al Governo, al Parlamento, alle Regioni e a tutte le istituzioni locali, di riscrivere il futuro dell’Italia e aiutare i bambini a uscire dalla povertà educativa. Un Manifesto a cui hanno già aderito oltre cento nomi noti del mondo della cultura e dello spettacolo, della musica e del giornalismo, dell’impresa e dello sport e a cui è possibile aderire sul sito www.savethechildren.it/riscriviamoilfuturo. [6]
“Con questa campagna abbiamo voluto lanciare alle istituzioni un messaggio di forte richiamo alle responsabilità di guardare non solo al presente ma anche a quello che sarà il nostro Paese quando, auspichiamo, l’emergenza sanitaria sarà un ricordo. Al nostro manifesto-appello hanno aderito tantissime personalità autorevoli. E speriamo che tanti altri lo facciano: abbiamo di fronte una pagina bianca e possiamo decidere cosa scriverci, ma se in questa ripartenza non saremo capaci di mettere al centro bambine, bambini e adolescenti, avremo perso un’occasione fondamentale per scrivere un futuro migliore non solo per loro ma per l’intero Paese”, ha proseguito Daniela Fatarella.
La Campagna “Riscriviamo il futuro”, parte oggi con una prima settimana dedicata alla sensibilizzazione sui canali Rai e andrà avanti per i prossimi mesi con iniziative e partnership che hanno come obiettivo quello di rendere i bambini protagonisti dei mesi che verranno. Oltre alla campagna, cresce l’azione programmatica di Save the Children a favore dei minori più svantaggiati: la risposta che l’Organizzazione ha dato nella prima fase dell’emergenza attraverso il progetto “Non da soli” ha raggiunto quasi 57 mila beneficiari e l’Organizzazione è impegnata in un nuovo progetto con cui conta di raggiungerne 100.000 in 30 quartieri deprivati di città e aree metropolitane. Un progetto dedicato ai bambini e adolescenti dagli 0 ai 17 anni nei territori più svantaggiati, per combattere il “learning loss”, la povertà materiale e supportare il ritorno a scuola dei minori.
L’impatto economico dell’emergenza
Dei circa 9,5 milioni di lavoratori che nel mese di marzo non hanno potuto lavorare, 3,7 milioni vivono in famiglie monoreddito, di cui la metà con figli a carico, dove pertanto è venuta a mancare l’unica entrata economica[7]. Un impatto travolgente per il quale, sottolinea il rapporto di Save the Children, 1 milione di bambini in più oggi rischiano di scivolare nella povertà assoluta, andandosi così ad aggiungere agli attuali 1,2 milioni di minori attualmente certificati in condizioni di povertà assoluta ed innalzando la percentuale dall’attuale 12% sino al 20%.
In particolare, l’indagine condotta dall’Organizzazione mostra come molto concrete siano state le conseguenze economiche del Covid-19 sulla vita delle famiglie: quasi la metà di tutte le famiglie con bambini tra gli 8 e i 17 anni intervistate (44,7%) ha dovuto ridurre le spese alimentari e il consumo di carne e pesce (41,3%). Un dato ancora più allarmante se si considera che prima del lockdown il 41,3% delle famiglie più fragili beneficiava del servizio di mensa scolastica per i propri figli e per quasi tutti loro (40,3%) questo servizio era esente o quasi da pagamenti. Una famiglia su tre (32,7%) ha dovuto rimandare il pagamento delle bollette e una su quattro (26,3%) anche quello dell’affitto o del mutuo. Il 21,5% delle famiglie non ha potuto comprare medicinali necessari o ha dovuto rinunciare alle cure mediche necessarie per mancanza di soldi. Una famiglia su cinque ha dovuto ricorrere a prestiti economici da parte di familiari o amici e il 15,5% ha dovuto fare conto su aiuti alimentari.
Sempre secondo l’indagine, per le famiglie più fragili dal punto di vista socio-economico, gli aiuti da parte dello Stato sono quasi raddoppiati: era il 18,6% dei genitori a beneficiarne prima delle restrizioni dovute al Covid e il 32,3% durante il lockdown, dato che include il reddito di cittadinanza e altri supporti da parte di amministrazioni pubbliche.
Se le realtà del Sud e delle Isole sono quelle che hanno conosciuto l’aumento più significativo, in percentuale, delle domande accettate di Reddito di Cittadinanza a fine marzo rispetto al mese di gennaio e quindi di sostegno economico agli individui a rischio povertà – si evince da una delle Mappe contenute nel rapporto – la provincia di Trento è ottava in classifica, con Milano e Roma che si trovano ben al di sopra della media nazionale.
Territori ad alto rischio educativo
Dispersione scolastica, mancanza di asili nidi e scarsità di opportunità educative, culturali e sportive per bambini e ragazzi sono fenomeni che già prima della crisi facevano registrare una situazione molto preoccupante in Italia. Livelli di povertà educativa già di per sé molto elevati, soprattutto nelle regioni del Centro e del Sud, ma che ora con l’emergenza Covid-19 rischiano di estendersi anche al resto d’Italia. È per tracciare tale rischio, Save the Children ha elaborato una serie di mappe del rischio educativo, con l’obiettivo di individuare quelle province italiane dove l’impatto socio-economico dell’emergenza in corso sui minori potrebbe essere ancora più grave.
Se è soprattutto al sud che si concentrano le percentuali più elevate di studenti in condizioni di maggiore svantaggio socio-economico e culturale, con le province di Taranto, Napoli, Barletta-Andria-Trani che presentano percentuali superiori al 30%, da una delle mappe elaborate dall’Organizzazione spiccano anche alcune province del centro e del nord, come Prato con il 28% e Vercelli con il 24,4%[8]. Per quanto riguarda la copertura di asili nido e servizi per la prima infanzia, invece, se è vero che province come Caserta, Crotone e la città metropolitana di Reggio Calabria presentano percentuali inferiori al 2%, a fronte di una media nazionale del 13,5% (un dato ben lontano dal target Ue del 33% e tra i più bassi in Europa), emergono tuttavia realtà, anche al Nord, ben al di sotto della media nazionale, come Treviso, Belluno, Sondrio e Lodi (che si attestano sotto il 10%) o la città metropolitana di Venezia, che supera di poco l’11%[9].
La mappa sulla dispersione scolastica – un fenomeno che a livello nazionale riguarda il 13,7% dei ragazzi nel nostro Paese, un dato ancora molto alto rispetto all’obiettivo stabilito dall’Ue di ridurre il tasso sotto il 10% entro il 2020, tanto che si è dovuto fissare un target nazionale al 14% – ci racconta poi che in Italia circa 70 province su 107 non raggiungono l’obiettivo europeo. Tra queste le più svantaggiate sono Caltanisetta (27,1%), Brindisi (26%), Sud Sardegna (25,7%), ma numerose sono anche le realtà al centro e al nord che presentano forti criticità, come le province di Imperia (22,2%) e Arezzo (22%)[10]. Un fenomeno, quello della dispersione scolastica, al quale si lega anche quello dei giovani che non lavorano e non studiano e che al Sud riguarda oltre il 20% dei giovani, con punte del 38% in Sicilia e del 35% in Calabria. Ma anche in questo caso le province settentrionali non sono di certo escluse da tali criticità, con regioni quali la Liguria e la Toscana che presentano, rispettivamente, percentuali del 18% e del 16% di giovani tagliati fuori dal circuito formativo e lavorativo[11].
Per quanto riguarda i ragazzi che non raggiungono le competenze minime in matematica e in italiano, un’ulteriore mappa elaborata da Save the Children mette in luce che le percentuali più alte si registrano soprattutto al Mezzogiorno, con un picco del 47,1% a Crotone, seguita da Agrigento con il 44,3% e da Enna con il 43,5%. Forti criticità si registrano anche in quattro province toscane, quali Massa carrara, Grosseto, Firenze e Livorno, con percentuali che oscillano tra il 27% e il 29%[12].
Le difficoltà della didattica a distanza e la mancanza di opportunità educative
In un’Italia che già prima dell’emergenza Covid-19 vedeva molti bambini e ragazzi lasciati indietro, vittime della povertà economica ed educativa, la scuola, un punto di riferimento fondamentale per contrastare le diseguaglianze educative, ha dovuto affrontare la sfida della didattica a distanza, che spesso ha acuito svantaggi e divari sociali e territoriali.
Nel nostro Paese, secondo gli ultimi dati Istat a disposizione, più di 4 minori su 10 vivono in abitazioni sovraffollate, privi di spazi adeguati allo studio, e il 12,3% non ha un computer o un tablet in casa per seguire le lezioni a distanza, percentuale che arriva al 20% nel Mezzogiorno. Tra i bambini e ragazzi che invece possono disporre di questi strumenti, il 57% si vede costretto a condividerlo con gli altri componenti della famiglia. Solo il 30% dei ragazzi impegnati nella didattica a distanza, peraltro, presenta competenze digitali elevate ed idonee all’uso delle piattaforme online.
È su questo scenario di partenza, che la didattica a distanza ha incontrato difficoltà oggettive che emergono dall’indagine sulle famiglie condotta da Save the Children: secondo i genitori in Italia la DAD ha peggiorato il ritmo scolastico dei figli nel 39,9% dei casi. In particolare, tra i genitori in maggiore difficoltà socio-economica in Italia molti sono quelli che vorrebbero un aiuto più consistente da parte degli insegnanti (72,4%) e un accesso più semplice alla didattica a distanza (71,5%) perché ritengono le attività scolastiche più pesanti per i loro figli (63,4%), difficili (53,9%), eccessive (46,7%).
Circa 1 genitore su 20 ha paura che i figli debbano ripetere l’anno, nonostante le disposizioni ministeriali lo vietino, o che possano lasciare la scuola, tassi che tra le famiglie in maggiori difficoltà economica[13], passano rispettivamente a quasi 1 su 10 e 1 su 12.
In effetti quasi la metà delle famiglie con maggiori fragilità (45,2%) vorrebbe “le scuole aperte tutto il giorno con attività extrascolastiche e supporto alle famiglie in difficoltà”, opzione che comunque è gradita in generale dai genitori del nostro Paese (39,1%).
D’altronde sei genitori su dieci (60,3%) ritengono che i propri figli avranno bisogno di supporto quando torneranno a scuola data la perdita di apprendimento degli ultimi mesi. Ascoltando la voce dei bambini e ragazzi, dall’indagine di Save the Children emerge che 1 bambino su 5, in questi mesi di isolamento in casa e di didattica a distanza, ha maggiori difficoltà nel fare i compiti e il 22,4%, tra quelli che vivono in contesti familiari con deprivazioni socio-economiche, ritiene di avere bisogno di maggiore supporto perché non si sente sicuro nelle materie scolastiche. Inoltre, tra i minori tra gli 8 e gli 11 anni, quasi 1 su 10 non fa lezione mai o meno di una volta alla settimana, percentuale che si abbassa al 3% per gli studenti 12-14 anni e all’1,3% per i ragazzi tra i 15 e i 17 anni, a testimonianza del fatto di come la didattica a distanza sia un ostacolo soprattutto per i più piccoli.
La mancanza di opportunità extra scolastiche, l’impossibilità di fare sport, attività artistiche e di uscire con i propri coetanei, inoltre, rinchiude sempre di più bambini e ragazzi in un isolamento sociale: la metà dei ragazzi intervistati (51%), infatti, preferisce svagarsi navigando su internet, il 37% stando sui social e il 18% giocando online con persone che non conosce, in un mondo che ormai vive sulla rete e che spesso è popolato anche da pericoli che non possono essere sottovalutati.
L’estate dei bambini e delle famiglie: il nuovo intervento di Save the Children
In questo contesto di grande difficoltà che si trovano a vivere famiglie e bambini, il futuro – anche quello più prossimo – rappresenta una vera incognita. Dopo lunghi mesi di lockdown, di mancanza di socialità, di assenza dalle aule per una didattica a distanza non sempre efficace da punto di vista formativo, l’estate rischia di diventare un ennesimo vuoto, mentre invece deve trasformarsi in un’occasione per recuperare apprendimento e socialità e preparare bambini e ragazzi al rientro a scuola in un nuovo scenario.
“Per fronteggiare l’impatto della crisi, occorre avviare con urgenza e determinazione un Piano straordinario per l’infanzia e l’adolescenza, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili. Un piano che coinvolga attivamente tutti gli attori che operano a contatto con i bambini, dai Comuni alle scuole, dalle famiglie al volontariato e alle associazioni del terzo settore, con il coinvolgimento del mondo della cultura e dell’impresa”, ha affermato Raffaela Milano, Direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children.
“Nell’immediato, è indispensabile raggiungere tutti i bambini che sono rimasti esclusi dalla didattica a distanza per consentire loro di riagganciare i legami con la scuola ed è necessario uno sforzo collettivo per garantire a tutti i bambini, le bambine e i ragazzi di trascorrere un’estate ricca di opportunità educative e di gioco, nel pieno rispetto dei protocolli sanitari. Pensando alla ripresa dell’anno scolastico, occorre nel frattempo mettere in sicurezza le scuole e aprirle al territorio, trasformando in nuovi spazi didattici le aree verdi attrezzate, le biblioteche, i centri sportivi e tutto ciò di cui ogni territorio dispone. Una sfida educativa senza precedenti che necessita di un impegno comune da parte di tutti, a partire dagli stessi bambini, le bambine e i ragazzi che devono esserne protagonisti. Nel nostro Paese esiste un grande giacimento di risorse educative, fatto di insegnanti, educatori, operatori sociali, organizzazioni di volontariato e del terzo settore. Esistono molti modelli di intervento efficaci, come quelli sperimentati grazie al Fondo di contrasto della povertà educativa. Questa rete eccezionale di impegno civile è un vero patrimonio per l’Italia e deve essere valorizzata come una delle componenti fondamentali per l’uscita dalla crisi”, ha concluso Raffaela Milano.
Proprio per affrontare questo periodo, nasce il nuovo intervento di Save the Children, che si articola su tre assi. Innanzitutto combattere il Learning Loss, riducendo il gap di apprendimento dovuto alla chiusura delle scuole, con particolare riferimento al rafforzamento e allo sviluppo di competenze matematiche, competenze linguistiche (lettura, scrittura, dizione), competenze nel campo delle scienze. L’obiettivo è dunque restituire ai bambini l’estate come tempo di gioco, di educazione e di socialità attraverso gli «Spazi Futuro», spazi fisici all’aperto, che Save the Children intende promuovere – nel rispetto dei protocolli sanitari che saranno definiti – nelle aree più svantaggiate del paese, a partire dalla rete educativa che l’organizzazione ha già attivato in tutta Italia con i “Punti Luce”, i centri Fuoriclasse e gli Spazi Mamme. Le attività di sostegno al recupero dell’apprendimento saranno anche realizzate attraverso l’ambiente digitale, per consentire ai bambini, ai ragazzi e alle famiglie di poter fruire di opportunità educative anche a distanza.
Il secondo asse progettuale riguarda il sostegno alle famiglie. Save the Children, con le associazioni partner sul territorio, potenzierà il sostegno materiale, già attivato in questa prima fase dell’emergenza, per i nuclei familiari con bambini che vivono in condizioni di grave povertà, attraverso una «dote di cura», che risponda sia ai bisogni immediati (es. spesa, prodotti per la prima infanzia, utenze ecc.) ma che, allo stesso tempo, accompagni la famiglia verso l’autonomia, attraverso la messa in rete dei servizi e delle opportunità di formazione e lavoro.
Il terzo asse vede protagoniste le scuole, alle quali Save the Children intende essere al fianco per preparare la ripresa delle attività didattiche, sostenendo gli insegnanti nel ripensare spazi e tempi della didattica e nella formazione alla didattica digitale. Il progetto contribuirà a garantire, attraverso la figura di tutor volontari, anche un sostegno individuale nell’accompagnamento allo studio.
Il progetto sarà realizzato anche attraverso un ambiente digitale, offrendo così ai bambini e ai ragazzi un bilanciamento tra attività educative on line e off line. La dimensione digitale è fondamentale anche per mantenere la continuità dell’intervento educativo in caso di ulteriori e improvvisi lockdown territoriali dovuti alla recrudescenza della malattia.
Oltre 100 firme autorevoli per il Manifesto “Riscriviamo il futuro”
“Oggi in Italia più di un milione di bambini vive in un assoluto stato d’indigenza. L’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, poi, aggrava le diseguaglianze ed estende rapidamente i confini della povertà. Nel nostro Paese, le famiglie già in difficoltà stanno affrontando in questo periodo una situazione ancora più drammatica: chiuse le scuole, molti bambini sono rimasti indietro; senza gli strumenti e l’adeguato supporto per accedere alle lezioni online, rischiano d’ingrossare le fila dei cosiddetti NEET, ovvero dei ragazzi che non studiano e non lavorano. L’emergenza collegata alla diffusione del Covid-19 mette ancora più a rischio per le fasce più giovani il diritto a una vita dignitosa e ricca di opportunità, nonché all’istruzione, che è la chiave per interrompere la trasmissione della povertà da una generazione all’altra.
Bisogna agire in fretta, proteggere bambine, bambini e adolescenti da un tale rischio che non comporta solo una deprivazione economica, ma anche la povertà educativa, impedendo di far fiorire talenti e capacità. In un momento così difficile, non bisogna lasciare indietro nessuno. E ognuno deve impegnarsi perché ciò non accada”.
Questo l’incipit del Manifesto della campagna Riscriviamo il futuro, che è già stato firmato da oltre cento personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, della musica e del giornalismo, dell’impresa e dello sport e a cui è possibile aderire andando sul sito www.savethechildren.it/riscriviamoilfuturo
I primi firmatari del Manifesto sono:
Stefano Accorsi, Andrea Agnelli, Giovanni Allevi, Niccolò Ammaniti, Michela Andreozzi, Corrado Augias, Jean Christophe Babin, Luca Barbarossa, Pierluigi Battista, Valerio Battista Fabio Benasso, Stefano Benni, Stefano Beraldo, Lorenzo Bini Smaghi, Mario Biondi, Cesare Bocci, Riccardo Bonacina, Alessio Boni, Maria Borio, Antonella Bussi, Roberta Capua, Massimo Capuano, Carlo Carabba, Gianrico Carofiglio, Enrico Carraro, Mattia Carratello, Gino Castaldo, Simonetta Cavalli, Leonardo Colombati, Guido Corbetta, Paola Cortellesi, Mariangela D’Abbraccio, Paolo Dal Pino, Tosca D’Aquino, Stefano De Alessandri, Giuseppe de Bellis, Marco De Benedetti, Ferruccio De Bortoli, Erri De Luca, Maria Vittoria De Marchi, Diego De Silva, Annalisa De Simone, Luigi de Vecchi, Daniela Del Boca, Diego Della Valle, Andrea Delogu, Paolo Di Paolo, Stefano Domenicali, Elisa, Lapo Elkann, Asunta Enrile, Francesca Fagnani, Maria Bianca Farina, Pierfrancesco Favino, Isabella Ferrari, Maurizio Ferrera, Giovanni Ferrero, Paola Ferrero, Tiziano Ferro, Corrado Formigli, Flavia Fratello, Andrea Gavosto, Ghali, Irene Ghergo, Frida Giannini, Tommaso Giartosio, Enrico Giovannini, Cristiano Gori, Patrizia Grieco, Andrea Guerra, Riccardo Iacona, Helena Janeczeck, Sami Kahale, Anna Kanakis, Jhumpa Lahiri, Gad Lerner, Giancarlo Liviano D’Arcangelo, Franco Lorenzoni, Riccardo Luna, Camilla Lunelli, Nicola Maccanico, Mauro Magatti, Raffaele Manica, Gaia Manzini, Dacia Maraini, Michele Masneri, Ernesto Mauri, Margaret Mazzantini, Vittorio Meloni, Riccardo Milani, Antonio Monda, Giulio Mozzi, Marina Nissim, Francesco Pacifico, Auro Palomba, Marco Patuano, Laura Pausini, Emmanuele Pavolini, Lorenzo Pavolini, Lorenzo Pellicioli, Melissa Peretti, Antonio Polito, Elisabetta Rasy, Lucrezia Reichlin, Alessandro Rimassa, Alessandro Rosina, Riccardo Rossi, Marco Rossi Doria, Marco Sala, Raffaele Salinari, Gabriele Salvatores, Chiara Saraceno, Michele Scannavini, Syria, Andrea Tardiola, Claudio Tesauro, Emanuele Trevi, Silvio Ursini, Anna Valle, Giorgio Van Straten, Vito Varvaro, Sandro Veronesi, Andrea Vianello, Mario Vitale, Alessandro Zaccuri, Andrea Zappia.
[1] La rilevazione è stata condotta online, dal 22 al 27 Aprile, su un campione statisticamente rilevante a livello nazionale, di 1003 minori in età compresa tra 8 e 17 anni, utilizzando un questionario volto ad osservare l’impatto delle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria sui bambini e gli adolescenti italiani e spagnoli. Nello specifico, le domande del questionario, poste sia ai bambini che ai loro genitori, riguardano la composizione del nucleo familiare ed il livello socioeconomico; le caratteristiche demografiche dei minori; l’impatto economico delle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria; l’accesso alla didattica a distanza e il ruolo della scuola; gli effetti del confinamento sul percorso scolastico dei bambini e sul loro sviluppo socio-emozionale; le aspettative rispetto al futuro.
[2] E’ stata costruita una variabile di vulnerabilità sulla base della corrispondenza con due o più dei seguenti indicatori: aver dovute ritardare il pagamento di bollette, aver dovuto ridurre le spese alimentari, essere poco o molto poco soddisfatto per le condizioni della casa, essere disoccupato, avere un titolo di studio basso o non averne affatto, aver dovuto ridurre o eliminare le spese mediche per ragioni economiche.
[3] La riduzione include coloro che sono in cassa integrazione o congedo parentale
[4] Fonte EUROSTAT, EU-SILC
[5] Fonte Indagine “Aspetti della Vita Quotidiana”, Istat, 2018
[6] L’elenco dei firmatari completo è in calce al comunicato stampa
[7] Fondazione Studi Consulenti del lavoro, “Covid-19: aumentano le famiglie in ristrettezza economica”, aprile 2020
[8] Invalsi, a.s. 2018-2019
[9] Istat, 2018
[10] Fonte EUROSTAT, EU-SILC
[11] Fonte Istat, Indagine Forze di Lavoro, 2019
[12] Fonte OCSE-PISA 2018
[13] Vedi nota n. 2.