Coronavirus, il virologo Baldanti: “Ecco perché le positività al tampone non sono tutte uguali”

"Quello che rileviamo con questi test è dunque un segnale di degradazione del materiale virale presente e portato verso la sua eliminazione completa"
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“Abbiamo preso i campioni di 280 pazienti con basse cariche” virali “e li abbiamo messi in coltura. Fra questi, il segnale di infettività era meno del 3%. Significa che nella fase di risoluzione della sintomatologia” di Covid-19 “il virus è principalmente non infettante”. A spiegarlo è stato Fausto Baldanti, responsabile del Laboratorio di virologia molecolare dell’Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, oggi in occasione di un incontro in Regione Lombardia in cui sono stati presentati i risultati dello studio italiano coordinato dall’Irccs pavese, che ha verificato la presenza di virus infettante a bassa carica, in tamponi nasali effettuati su pazienti clinicamente guariti.

Quello che rileviamo con questi test è dunque un segnale di degradazione del materiale virale presente e portato verso la sua eliminazione completa”. In altre parole, chiarisce l’esperto, “nelle fasi risolutive di un’infezione le cellule infette muoiono e insieme a loro il virus in esse contenuto e queste vengono degradate dal sistema immunitario. Questi frammenti vengono eliminati in un certo tempo variabile“, e vengono ugualmente rilevati dai test, non indicando però la presenza di un virus integro e quindi infettante.

“Lo studio è stato condotto – ha spiegato Baldanti – con ricercatori dell’Istituto zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia Romagna, con gli ospedali Civile di Piacenza, Le Scotte di Siena e Policlinico di Milano. Ci siamo chiesti: che significato ha oggi la positività al tampone? Anche perché molti di questi soggetti positivi hanno una positività a bassa carica”.

“Quello che abbiamo fatto – ha proseguito Baldanti – è stato usare una tecnica di virologia classica in base alla quale si prende un campione e si mette in coltura cellulare. Se il virus è integro può infettare le cellule e dà un segnale di infezione. Questa operazione l’abbiamo fatta su circa 280 soggetti clinicamente guariti che avevano cariche basse, determinate da un segnale che viene fuori da questi test. Si chiama Ct (threshold cycle): più è avanzato, ha un numero grande, e meno Rna c’è”.

Baldanti ha precisato che “non esiste un dato di laboratorio che da solo può spiegare tutto. L’esito va inquadrato nella storia clinica del paziente. Come non esiste il bianco e il nero. Noi abbiamo portato un dato che riguarda quello che succede qui. I pazienti clinicamente guariti sono una cosa. Altra cosa è invece un paziente con un’infezione in atto o che sta uscendo da un’infezione, perché c’è anche un 3% in grado di infettare. Ancora una volta, quindi, i casi vanno incasellati in un contesto clinico”. 

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