“Non è il virus che è cambiato, siamo noi che abbiamo imparato a proteggerci e a difenderci”. Lo ha detto la virologa Ilaria Capua commentando – in collegamento con il programma di Radio2 ‘Non è un Paese per giovani’ – le parole di Alberto Zangrillo, direttore della terapia intensiva dell’ospedale San Raffaele di Milano.
“Io credo, immagino e interpreto quello che dice Zangrillo dall’altro lato: non è il virus che è cambiato, siamo noi che abbiamo imparato a proteggerci e a difenderci. Noi adesso – ha detto la virologa – abbiamo innanzitutto una malattia che sappiamo curare, perché cinque mesi fa non la sapevamo curare. Abbiamo messo in piedi un sistema di controllo, anche di attenzione precoce ai pazienti che possono avere le forme più gravi, e abbiamo capito quali solo le categorie più fragili”.
“E quindi – ha aggiunto Capua – il fatto che clinicamente l’infezione sia scomparsa è sostanzialmente quello che diciamo da tempo. Cioè: noi dobbiamo arrivare non a bloccare la circolazione del virus, perché questo è impossibile. Noi appiattendo la curva, tenendoci le mani pulite, tenendo il distanziamento fisico, abbiamo fatto in modo che il virus infettasse sempre meno persone. E di queste sempre meno diventano gravi. E, se pure diventassero gravi, ormai si sa trattarle. Lui (Zangrillo, ndr.) non ha detto il virus è cambiato. Il suo ‘clinicamente’ non si riferisce al virus ma a noi, che siamo diventati bravi a trattarlo“, ha concluso Capua.
Il Covid, ha rilevato Capua, “è una malattia delle città, di alcuni territori. Ci sono dei fattori che contribuiscono a rendere questa infezione più pericolosa: l’età, l’inquinamento ecc. I medici impareranno a curarla sempre meglio. Noi dobbiamo lavorare in maniera coordinata a livello di città”.
In riferimento poi alle tensioni sociali, Capua ha detto che “una delle situazioni che temevo di più erano proprio le tensioni sociali. Il Covid ha esasperato queste tensioni. Io sono preoccupata per le tensioni sociali anche fuori dall’America”.
Quanto ad una possibile seconda ondata epidemica, “non arriva come una punizione divina. La seconda ondata siamo noi. Se noi andiamo a trovare 5 persone ne infettiamo una, se incontriamo 10 persone se ne infettano 4. I nostri comportamenti, con la distanza sociale, hanno reso il coronavirus clinicamente irrilevante. La seconda ondata è legata ai nostri comportamenti. Adesso il coronavirus – ha concluso – si sta comportando come si comportava i primi di gennaio: non se n’era accorto nessuno”.