“Se avessi dovuto scrivere oggi questo libro avrei raccontato di un’altra soddisfazione appena vissuta: quella di essere stata invitata a Berlino, unica virologa, per parlare di coronavirus in occasione di un dibattito in ambito governativo. Per fortuna ci sono le altre nazioni, l’Italia è una madre ingrata”. Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di Microbiologia clinica, Virologia e Diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, si lascia andare per un breve momento all’amarezza, mentre racconta di come ha vissuto i mesi dell’emergenza Covid-19, lì nel padiglione 62 della struttura che è centro di riferimento nazionale per le malattie infettive insieme allo Spallanzani di Roma, dove in piena pandemia arrivava un fiume di campioni da analizzare. E’ lì che è approdato da Codogno anche il tampone del paziente 1.
A giorni, giovedì 9 luglio, la virologa sarà nelle librerie con ‘Ombre allo specchio. Bioterrorismo, infodemia e il futuro dopo la crisi’ (editore La nave di Teseo), 200 pagine – con prefazione del viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri – in cui traccia un quadro della pandemia, dagli antefatti fino all’eredità lasciata da questa esperienza. Nel libro ci sono anche sprazzi della vita nel laboratorio, mentre l’ondata di malati Covid travolgeva gli ospedali.
Protagonisti i suoi collaboratori che la microbiologa celebra e ringrazia. Come Davide, ragazzo precario, che ha mandato compagna e figlio in Toscana dai nonni per potersi dedicare interamente al lavoro e quando ha isolato il virus, scrive Gismondo, “non è stato chiamato per nessuna conferenza stampa, non ha ricevuto le congratulazioni del ministro Speranza né, tantomeno, l’assunzione”.
“Sono stati – dice Gismondo – giorni, mesi molto pesanti in termini lavorativi, ma anche di grande soddisfazione per i riconoscimenti avuti dall’estero e che mi danno la misura di quanto abbiamo lavorato. Dall’Italia non mi aspetto niente da tanto tempo e non mi interessa a livello personale. Ma per i miei ragazzi sì”, assicura.
“Abbiamo ricevuto per esempio zero ringraziamenti dalla Regione Lombardia. La squadra del mio laboratorio ha lavorato 24 ore su 24 a sfornare analisi di tamponi, ne abbiamo processati circa 70 mila, e avremmo dovuto averli i ringraziamenti, sia a livello governativo che regionale. Come è successo ad altri, ma siamo stati ignorati, e questo è molto triste”. Succede, dice la virologa, “perché lavoriamo a testa bassa. C’è chi è diventato cavaliere, i miei ragazzi sono rimasti precari. Non esiste meritocrazia in questo Paese, paga di più l’appoggio politico o farsi valere a livello d’immagine”.