Coronavirus, l’esperto del Gemelli: “Il virus è mutato, è più contagioso ma non più cattivo”

La mutazione D614G ha reso il nuovo coronavirus "più contagioso, ma dal punto di vista clinico non c'è differenza: non dà una malattia più grave. Insomma, Sars-Cov-2 è diventato più contagioso ma non più cattivo"
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La mutazione D614G ha reso il nuovo coronavirus “più contagioso, ma dal punto di vista clinico non c’è differenza: non dà una malattia più grave. Insomma, Sars-Cov-2 è diventato più contagioso ma non più cattivo”. Ad affermarlo all’Adnkronos Salute, commentando la ricerca pubblicata su ‘Cell’, è Roberto Cauda, ordinario di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs di Roma. Cauda, insieme al gruppo di Massimo Ciccozzi dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, ha firmato uno studio pubblicato qualche settimana fa, che ‘fotografava’ la stessa mutazione.

“I risultati convergono: quattro gruppi di ricerca internazionali, fra i quali quello italiano, sono arrivati alla stessa conclusione. E il monitoraggio ci dice che ormai questo virus mutato, rispetto a quello di Wuhan, è diventato dominante. Il Sars-Cov-2 che circola ora – dice il clinico – si trasmette più efficacemente, ma la malattia non è più grave rispetto a quella originaria”.

Ma se il virus è cambiato, questo rischia di inficiare le terapie mirate e i vaccini allo studio? “Secondo un gruppo di ricerca della Florida – risponde Cauda – gli studi in vitro ci dicono che la mutazione non interferisce con l’efficacia del plasma dei soggetti guariti e che gli anticorpi reagiscono con entrambi i ceppi. Dunque la buona notizia è che la mutazione non interferisce” con le terapie mirate allo studio.

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