L’accumulo di grasso viscerale, ovvero quello che avvolge gli organi interni, è associato a un maggior rischio di ricovero in terapia intensiva nei pazienti con Covid-19. Ciò, in maniera indipendente dal grado di obesità definito tramite l’indice di massa corporea. Lo rileva uno studio italiano pubblicato su Diabetes Care, condotto in collaborazione tra l‘Università Campus Bio-Medico di Roma e l’Ospedale Bufalini di Cesena, in cui si dimostra che, a parità di grado di obesità, i ricoverati in terapia intensiva per il nuovo coronavirus hanno una quantità di grasso viscerale superiore ai casi meno gravi.
Lo studio ha coinvolto oltre 400 persone valutate presso l’Ospedale Bufalini per sospetto di COVID-19: è stato scoperto che coloro che erano affetti dal virus e ricoverati in terapia intensiva avevano una quantità di grasso viscerale superiore rispetto ai pazienti meno gravi.
“In particolare– evidenzia Rocky Strollo, endocrinologo e ricercatore dell’Università Campus Bio-Medico di Roma – confrontando le Tac di questi pazienti abbiamo rilevato che, ogni millimetro di spessore in eccesso del grasso viscerale, corrispondeva a un rischio pari al 16% di ricovero in terapia intensiva. Considerato che mediamente i pazienti con COVID-19 grave avevano 4 millimetri di grasso viscerale in più rispetto ai non gravi, questo equivarrebbe a quasi il 65% in più di probabilità di ricevere trattamenti intensivi”.
Per i ricercatori lo studio dimostra che non è soltanto l’obesità, ma anche la distribuzione del grasso nel paziente a conferire la necessità di cure in terapia intensiva. Ciò è dovuto al fatto che il grasso viscerale produce due o tre volte di più citochine, cellule infiammatorie, come l’interleuchina 6, che sono coinvolte nelle alterazioni immunitarie del Covid-19. E’ quindi questo specifico tipo di grasso che potrebbe facilitare lo sviluppo di una eccessiva produzione di citochine, la cosiddetta tempesta citochinica, che produce iperinfiammazione nei soggetti più gravi.