Coronavirus, il virologo Crisanti: “Non credo nel vaccino entro fine anno, la scuola è un’occasione fantastica per innescare i contagi”

"La riapertura delle scuole e la riapertura delle attività produttive sono un'occasione fantastica per innescare la trasmissione" di Covid-19
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Crede al vaccino contro il Coronavirus entro la fine dell’anno? “No. Un vaccino è una cosa estremamente complicata, purtroppo non ha tempi comprimibili. La fase cosiddetta di sicurezza di un vaccino dura circa un anno e mezzo o due solo quella, perché bisogna darlo a circa centomila persone in tutto il mondo. Questi sono tempi non comprimibili. Capisco l’esigenza e l’aspettativa, però non vorrei che si prendesse una scorciatoia, perché ogni scorciatoia che prendiamo aumenta il rischio o che il vaccino non sia efficace o che abbia degli effetti indesiderati“. Così a Buongiorno, su Sky TG24 Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all’Università di Padova. “Si diceva – ha continuato – che il vaccino sarebbe stato pronto a dicembre, adesso si parla della fine dell’anno prossimo. Alla fine dell’anno prossimo si dirà fra altri sei o sette mesi, perché i tempi sono quelli. Un vaccino sicuro, testato con efficacia avrà quei tempi. Secondo me lo avremo nel 2021″.

“La riapertura delle scuole e la riapertura delle attività produttive sono un’occasione fantastica per innescare la trasmissione” di Covid-19. “E l’unico modo che abbiamo” per controllare i contagi, “in assenza di farmaci efficaci e ancora in assenza di un vaccino, sono le misure di sorveglianza attivaSe uno sta male e ha la febbre – avverte l’esperto – bisogna fare tamponi a lui, amici, parenti e colleghi di lavoro. Ogni asintomatico intercettato è una vittoria, quindi è chiaro che i tamponi che facciamo adesso ci bastano appena per controllare la situazione“.

“Le mascherine servono e funzionano. Se teniamo gli studenti tutti zitti per ore va bene che non la indossino in classe, ma non ce la vedo una classe che sta in silenzio per ore. Di fatto aboliamo l’interazione sociale in una classe, perché nel momento in cui si parla si emette droplet. Bisognerebbe che i ragazzi abbiano a disposizione la mascherina e se parlano se la mettono. Le mascherine andrebbero indossate anche seduti al banco, specialmente se si inizia una conversazione. A scuola si parla.”. Lo ha detto a Buongiorno, su Sky TG24 Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all’Università di Padova. “Probabilmente non hanno ancora raggiunto la capacità di fornire quindici milioni di mascherine al giorno” ha poi aggiunto Crisanti rispondendo a una domanda sul perché è stato scelto di non rendere obbligatoria la mascherina anche agli studenti seduti al banco.

“I tamponi che facciamo adesso ci bastano appena per controllare la situazione. L’aumento del numero dei tamponi è una cosa positiva ma consideriamo che le scuole non sono ancora ripartite, che le attività produttive ripartono questa settimana e che ci sono milioni di persone che entrano e escono dall’Italia ogni mese. Ci dovrebbero bastare tra i trecentomila e i quattrocentomila tamponi al giorno”. Lo ha detto a Buongiorno, su Sky TG24 Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all’Università di Padova. “Adesso aprono le scuole – ha spiegato – e sono circa otto milioni di bambini, per ogni ragazzo che ha la febbre immediatamente scatta il tampone per il ragazzo, per la classe, per gli insegnanti, per i bidelli, per i genitori dei bambini. Ogni persona genera la necessità di fare cento o centocinquanta tamponi. Pensiamo alle elezioni con sessantamila sezioni elettorali con scrutatori e rappresentanti di lista che ovviamente vengono esposti alla possibilità di contagio. In Francia dopo le elezioni c’è stata un’esplosione”.

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