Coronavirus, virologo tedesco: “Il virus diffuso in tutto il mondo è una variante comparsa solo nel Nord Italia, hanno ignorato il problema e tutto è partito da lì”

Secondo il virologo Kekulé, se il coronavirus si è espanso nel mondo, la colpa sarebbe da ricollegare alla superficialità nella gestione del problema da parte dell'Italia
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È ormai passato quasi un anno dalle prime notizie su una polmonite misteriosa in Cina, che sarebbe di lì a poco esplosa in una pandemia. Wuhan è stata la prima a essere ufficialmente colpita dal coronavirus SARS-CoV-2 e da lì, il virus ha fatto in brevissimo tempo il giro del mondo. In tutti questi mesi, però, la Cina ha affermato che il fatto che il virus sia stato individuato per la prima volta nel Paese asiatico non significa che sia nato lì. Il Global Times, per esempio, afferma che il virus sia comparso prima in Italia che in Cina.

A questo proposito, fanno molto discutere le parole del virologo tedesco Alexander Kekulé, pronunciate nel programma ZDF Markus Lanz. Kekulé ha affermato che il virus attualmente in circolazione è una variante mutata della versione originale di Wuhan. Nello specifico, ha detto: “Il virus diffuso in tutto il mondo in questo momento non è il virus di Wuhan. È il virus del Nord Italia. È una variante comparsa solo nel Nord Italia“, ha affermato il direttore dell’Istituto di microbiologia medica dell’Universitätsklinikum Halle. Kekulé ha spiegato che in giro ci sarebbero più ceppi di coronavirus. La quasi totalità dei casi della variante del virus attualmente in circolazione può essere fatta risalire a una particolare mutazione dell’agente patogeno avvenuta in Italia. Il ceppo Italiano è stato chiamato mutante G e sarebbe più contagioso della variante cinese.

Pandemia coronavirus covid
Foto Getty Images

La televisione di stato cinese ha subito preso la palla al balzo per sostenere la sua tesi, cioè che il virus non si è diffuso da Wuhan, bensì dal Nord Italia, ma il virologo ha prontamente replicato. Certo che arriva dalla Cina. È stato importato dalla Cina in Italia. E’ vero che gli italiani hanno stabilito che gli anticorpi contro questo virus potevano essere rilevati in vecchi campioni di sangue che erano ancora disponibili alla fine di settembre , ha aggiunto Kekulé. Esistono studi simili basati sulle acque reflue delle città italiane e le prime prove di questo virus sono state trovate anche a Parigi a dicembre. Tuttavia, la conclusione di queste affermazioni è diversa da quella cinese. “Il virus circola in Cina da molto tempo, in questa provincia di Hubei, soprattutto a sud di Wuhan“, ha detto Kekulé. Da questa regione, il coronavirus era già stato esportato nel mondo in casi isolati fino alla grande epidemia scoppiata nel mercato degli animali selvatici a Wuhan.

“Nei primi giorni del 2020 è esplosa un’epidemia non rilevata del virus originale per diverse settimane. Fino a quando non è stato scoperto a febbraio, il virus ha avuto abbastanza tempo per cambiare geneticamente. Ora è più contagioso della variante originale di Wuhan“, dice il virologo tedesco. “Il virus si sarebbe diffuso in tutto il mondo in quel modo” ma “la differenza è che a Wuhan non sapevano di cosa si trattava, mentre nel Nord Italia vi erano già state avvisaglie da parte di Pechino, ma queste sono state ignorate per molto tempo“, spiega il virologo. Inoltre, in Cina il virus originale sarebbe stato bloccato sul nascere grazie a interventi rapidi e mirati. “Cosa che sarebbe potuta avvenire anche da noi, bastava solo utilizzare i loro metodi che non sono stati presi in considerazione“, ha aggiunto. Secondo Kekulé, se il virus si è espanso ovunque nel mondo, la colpa sarebbe da ricollegare alla superficialità nella gestione del problema da parte dell’Italia, che avrebbe ignorato gli avvertimenti ricevuti dalla Cina, senza prendere le adeguate contromisure.

Kekulé ha sottolineato l’importanza di indagare sull’origine del virus: “Tutto quello che posso ricordare è che i cinesi non hanno ancora permesso all’Organizzazione mondiale della sanità di inviare una squadra per indagare sull’origine della pandemia”.

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