Chi desidera visitare i giardini in Giappone non può mancare di recarsi in questi luoghi avendo prima cura di imparare i loro segreti simbolismi per goderne più consapevolmente del loro incanto senza tempo.
Fin dai tempi più lontani i giardini nipponici sono un luogo in cui la decoratività si intreccia al simbolismo e in cui la natura stabilisce per l’uomo un momento di riposo e contemplazione consentendo di accedere a una dimensione in cui domina la pace e l’armonia.
Gli elementi simbolici dei giardini giapponesi
Nei templi buddhisti un tempo gli spazi dei giardini determinavano la discussione filosofica e rappresentavano un luogo deputato alla ricerca interiore; invece, i giardini dei nobili e degli imperatori erano luoghi di ricreazione e di piacere.
I giardini giapponesi sono luoghi che ricreano paesaggi utopici grazie al ricorso a uno stile astratto in cui tutto è studiato per ottenere un equilibrio mai casuale e perfettamente ordinato. Si percorrono labirinti sinuosi in cui al visitatore si concedono prospettive insolite di singoli elementi costruiti per regalare percorsi sorprendenti.
Acqua, alberi e rocce sono gli elementi essenziali su cui si fonda la sovrascrittura della natura ad opera dell’uomo e a cui sono attribuiti precisi significati simbolici: l’acqua dei laghetti, degli stagni e dei ruscelli rappresenta la vita e la sua direzione segue il percorso del sole da est a ovest; gli alberi sono l’espressione dello scorrere del tempo attraverso i mutamenti impressi loro dalle stagioni; le siepi delimitano avvolgono e abbracciano i giardini; le rocce immobili e levigate simboleggiano la solidità; la sabbia e i ciottoli sono la dimora degli spiriti; le lanterne in pietra, infine, nel giardino zen hanno sia una funzione ornamentale che una spirituale.
È, infatti, negli angoli più oscuri del giardino zen che le lanterne illuminano il cammino spirituale e individuale del viaggiatore.
Si tratta quindi di una creazione complessa in cui sono presenti non solo specie arboree ed essenze floristiche ma anche laghetti popolati da iridescenti carpe e ponti che superano piccoli rivoli d’acqua dal suono incantato. L’ordine imposto non è mai rigidità di concezione ma un insieme che è melodia visiva e percettiva.
I cespugli, ad esempio, non sono mai uguali gli uni agli altri poiché ad ognuno è attribuito dal potatore un luogo preciso all’interno del disegno generale; altrettanto avviene per ogni singolo ramo e ogni sasso che rispondono a un progetto curato in ogni particolare.
Le essenze floreali e la carpa koi
Un trionfo di camelie, rododendri, azalee e cornioli giapponesi si alternano nelle perfette costruzioni dei giardini giapponesi e ne rappresentano le essenze più utilizzate.
Tra le piante verdi le più usate sono le felci negli angoli più ombreggiati e il bamboo in comunione con l’acqua, mentre il manto erboso è sostituito dal muschio.
Gli alberi più di frequente inseriti sono: il pino bianco giapponese, il tasso giapponese, il ginko biloba che simboleggia la longevità e la rinascita, ma anche l’acero che con la caduta delle sue foglie rappresenta la caducità della vita.
La fauna di questi particolari giardini è essenzialmente costituita da un unico animale: la carpa koi. Si tratta di una razza ornamentale che è stata selezionata attraverso lunghi secoli a partire dalla carpa comune.
Le carpe, infatti, giunsero in Giappone dalla Cina ma in quella prima colonizzazione non erano dotate di alcun colore e avevano una funzione utile nelle risaie all’interno delle quali erano poste per eliminare parassiti come insetti e larve.
In seguito, i contadini le allevarono a scopo alimentare nelle aree più povere del nord del Paese, finché all’inizio del XIX secolo alcuni allevatori si accorsero che alcuni pesci presentavano macchie colorate sul dorso; da allora la ricerca delle varietà cromatiche portò alla selezione della magnifica livrea che oggi popola gli specchi d’acqua dei giardini giapponesi.
Nella cultura tradizionale nipponica, inoltre, la carpa koi non fu scelta solo per la propria bellezza ma anche in qualità di animale che simboleggia la perseveranza.
Le tipologie di giardini giapponesi
Il roji è una tipologia di giardino rustico studiato appositamente per le case e in grado di esaltare quella che è la celebre cerimonia del tè. Si tratta di un giardino di piccole dimensioni che riproduce un’atmosfera bucolica per aiutare ad escludere le preoccupazioni prima di dedicarsi all’antica cerimonia.
La tsukubai è l’elemento essenziale del roji, cioè un bacino d’acqua che i maestri del tè introdussero per facilitare le abluzioni delle mani prima del passaggio successivo, così che chiunque entrasse nella sala potesse essere purificato non solo nella mente ma anche nel corpo.
Il tsubo-niwa è, invece una tipologia di giardino originata dall’uso di adornare i cortili delle case di dimensioni contenute, con angoli di verde dalle caratteristiche naturali adibiti alla meditazione.
Fu nel periodo Heian, tra l’VIII e il XII secolo, che nacque l’uso dello tsubo-niwa, la cui traduzione fa riferimento alle parole tsubo, ossia l’unità di misura pari a 3,5 metri quadrati, che corrispondono a due tappeti tatami, e niwa, che significa proprio giardino. Questi giardini rientrano nella massima misura di 3 tsubo.
Pensato per sollecitare il visitatore a percorrere sentieri che fanno indugiare lo sguardo su paesaggi accuratamente costruiti è il kaiyu-shiki-teien. Questa tipologia di giardino è molto antica e fu concepita per la classe dei nobili nipponici, era qui che gli abbienti feudatari trascorrevano il loro tempo passeggiando nel verde e dedicandosi alla meditazione e all’osservazione della natura.
Si trattava di giardini particolarmente onerosi dal punto di vista della realizzazione economica, poiché i progetti erano particolarmente complessi e arrivavano a ricostruire in miniatura paesaggi reali che avevano impresso il loro incanto sull’immaginario dei proprietari che si erano recati in viaggio in luoghi lontani.
Quello che noi impropriamente chiamiamo giardino zen, è in realtà il karesansui, il giardino secco, caratterizzato dall’assenza di acqua come elemento fisico, ma non nel suo aspetto simbolico, infatti, la sabbia o la ghiaia bianca che si trova nel karesansui viene modellata con un apposito rastrello in modo che venga simulato un moto ondoso che si insinua tra le rocce.
Sabbia e rocce esaltano il tema dell’immutabilità, concetto essenziale del buddhismo zen, da qui nasce il fraintendimento occidentale.
Le grandi pietre rappresentano montagne e isole del Paese del Sol levante e sono il simbolo della stabilità e della longevità all’interno di un elemento mutevole qual è l’acqua.
Queste non devono mai essere di pari numero e men che meno essere quattro, dato che l’ideogramma che identifica questo numero è molto simile a quello che traslittera la parola morte.