Rifiuti tossici in Toscana e narrazione Terra dei Fuochi

Per lo smaltimento illegale dei rifiuti tossici in Toscana, viene riproposta la narrazione sulla Terra dei Fuochi in Campania
MeteoWeb

di Benedetto De Vivo – Ritorno con questo mio nuovo intervento sul tema della narrazione della “Terra dei Fuochi” (vedi miei interventi del 3 ottobre 2020 e dell’11 giugno 2021) a seguito di articolo letto su Domani di Giorgio Meletti e Nello Trocchia del 30/8/2021: “Il grande scandalo politico dei rifiuti tossici in Toscana”.

I due giornalisti prendono in considerazione l’industria conciaria in Toscana riproponendo il problema del traffico illegale dei rifiuti e del conseguente potenziale inquinamento  ambientale, che ha visto la Campania in primo piano negli ultimi 20 anni, con la narrazione sulla “Terra dei Fuochi”. In sostanza per la Toscana, viene riproposto lo stesso scenario della “Terra dei Fuochi”, chiamando in causa la responsabilità della politica. Responsabilità che sono state e sono palesi nel caso della Campania, rispetto a tutto quanto si è verificato, senza assolutamente escludere la responsabilità della popolazione, che faceva finta di non vedere quanto si verificava sotto i propri occhi….

Ciò detto, ho personalmente trattato la tematica territoriale e ambientale a livello scientifico generale, pubblicando negli ultimi 20 anni sullo stato dell’arte del territorio campano circa 60 pubblicazioni scientifiche su riviste scientifiche a livello internazionale. A partire dal 2013, ho effettuato numerosi interventi su stampa locale e nazionale, nonché in diverse interviste su Radio Radicale e altri Canali in relazione alla vicenda della cosiddetta “Terra dei Fuochi”. Nel 2015 ho presentato, alla Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica (Indagine conoscitiva. Effetti dell’inquinamento ambientale sull’incidenza dei tumori, delle malformazioni feto-neonatali ed epigenetica. XVII LEGISLATURA,12ª Commissione permanente Igiene e Sanità, Senato della Repubblica), i dati ottenuti nel lavoro pluriennale del mio gruppo di ricerca, pubblicati in tanti lavori scientifici su riviste internazionali, e sintetizzati in due Atlanti Geochimici Ambientali (De Vivo et al., 2016. Atlante geochimico-ambientale dei suoli della Campania. Gioacchino Onorati Editore, Roma; Lima et al., 2017. Distribuzione geochimica degli elementi inorganici nei suoli del S.I.N. Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano. Aracne Editrice, Roma; www.aracneeditrice.it) riguardanti la distribuzione nei suoli di 53 elementi inorganici (fra i quali i 15 potenzialmente tossici previsti dalla L. 152/2006).

A scanso di equivoci, mi preme anzitutto sottolineare che lo smaltimento illegale dei rifiuti da parte di clan malavitosi va sempre e comunque tenacemente perseguito per via giudiziaria, inviando alle patrie galere chi si rende colpevole di smaltimenti illegali. I rifiuti tossici, in un Paese civile, vanno smaltiti come prescrive la Legge, in siti speciali.

Intendo però ribadire, in merito alla valutazione del rischio ambientale legato allo smaltimento di rifiuti tossici, la necessità di procedere con metodo scientifico, abbandonando un approccio  di tipo essenzialmente emozionale, che porta ad affermare l’esistenza di un rapporto causa-effetto  fra presenza  nell’ambiente di rifiuti tossici di qualsivoglia natura e in qualsivoglia forma e un incremento di patologie cancerogene di qualunque tipologia nello stesso ambiente.

In mio articolo su La Repubblica-Napoli del 2013, scrivevo che, per stabilire quale fosse la verità sulla “Terra dei fuochi”, sarebbe stato necessario: a) caratterizzare la composizione geochimica del suolo e delle acque di falda su base regionale e locale, in modo da rilevare e misurare l’eventuale presenza di  contaminanti chimici; b) sulla base dei risultati, effettuare  indagini mirate alla determinazione dei tassi di assorbimento dei contaminanti chimici rilevati nei suoli e nelle acque di falda da parte delle varie tipologie di colture vegetali presenti nel territorio esaminato; c) effettuare ricerche, con le metodologie più avanzate e sensibili (utilizzo di analisi isotopiche), sia sui prodotti agricoli, sia su matrici umane (capelli, urine, sangue) di campioni di popolazione, allo scopo di poter dimostrare un eventuale passaggio di contaminanti dai suoli e/o dalle acque prima ai prodotti agricoli e infine  alle persone che ne fanno uso.

In questa direzione si è mosso nel 2015 la Regione Campania, finanziando all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno (IZSM) il progetto Campania Trasparente, che prevedeva il monitoraggio dei suoli, delle acque sotterranee, della vegetazione, dell’aria e delle matrici biologiche di tutto il territorio regionale. Personalmente sono stato il responsabile delle attività riguardanti il monitoraggio dei suoli e dell’aria e uno dei coordinatori scientifici del progetto. I dati del monitoraggio su circa 9.000 campioni di suoli in siti individuati nell’intera Regione Campania, e su aria riguardanti ben 7 stagioni fra 2015 e 2016 (attraverso 150 deposimetri passivi) di intera regione, sono stati pubblicati in 4 Volumi nel 2021(1. De Vivo et al., 2021a: http://www.aracneeditrice.it/index.php/pubblicazione.html?item=9788825540369; 2. De Vivo et al., 2021b: http://www.aracneeditrice.it/index.php/pubblicazione.html?item=9788825541076; 3 e 4. De Vivo et al., 2021c e d, in stampa). I dati dimostrano che nella “Terra dei fuochi” la contaminazione di elementi chimici quali Be (Berillio), Sn (Stagno), Tl (Tallio), As (Arsenico) e altri, è sostanzialmente naturale, essendo legata al vulcanismo napoletano e campano, mentre la distribuzione dei valori “anomali” di alcuni elementi metallici potenzialmente tossici (MPT) e dei composti organici noti come POP (Persistent Organic Pollutants, comprendenti IPA, PCB, OCP) è essenzialmente distribuita intorno all’area metropolitana di Napoli, nell’area del bacino del Sarno e nella bassa Irpinia. La “Terra dei fuochi” è interessata da alcuni superamenti per MPT e POP in aree molto localizzate, né più né meno come si verifica in diverse altre aree della Campania (e dell’Italia).

Circa la contaminazione dei prodotti agricoli, è dimostrato scientificamente che in realtà i potenziali inquinanti interrati illegalmente o presenti naturalmente nei terreni della “Terra dei fuochi” non si trasferiscono, nella grandissima maggioranza dei casi, nei prodotti agricoli stessi. Mediamente, infatti, solo lo 0,1% dei potenziali contaminanti inorganici passa dalla matrice suolo a quella liquida (falda). E molti degli inquinanti presenti nelle falde acquifere non oltrepassano il filtro delle radici delle piante, restando confinati in falda. E’ altresì evidente che, ciò nondimeno, le falde acquifere vanno messe in sicurezza attraverso specifiche misure di contenimento, con soluzioni da determinarsi caso per caso. Sono oggi disponibili molte tecniche efficaci, semplici da realizzare e al contempo economiche. Non c’è nulla da inventare…

Resta l’ultima questione, contemporaneamente la più critica dal punto di vista scientifico e la più sensibile dal punto di vista emotivo. Secondo alcuni, sulla base di evidenze epidemiologiche, la contaminazione ambientale nella “Terra dei Fuochi” sarebbe stata responsabile dell’incremento ivi riscontrato di diverse patologie cancerogene. Secondo altri, invece, non vi sarebbe alcuna evidenza che tale incremento possa essere attribuito alla presenza di contaminanti nei terreni sui quali sono coltivati i prodotti agricoli che poi arrivano sul tavolo dei Campani (e non solo).

Dove stava e sta la ragione? Quelli che portano evidenze epidemiologiche a supporto di loro tesi, non spiegano che le evidenze epidemiologiche non dimostrano il rapporto causa–effetto tra presenza di inquinamento nei suoli e insorgenza di patologie. Nello stesso tempo ha ragione chi sosteneva che si trattava di “allarmismi” eccessivi che hanno distrutto in modo non dimostrato scientificamente il ricco comparto agricolo dell’economia campana.

In definitiva, i risultati ottenuti con il progetto Campania Trasparente (vedi i 4 volumi De Vivo et al, 2021 a,b,c,d) delineano un quadro esaustivo di conoscenza scientifica sullo stato dell’arte delle matrici ambientali (suoli, aria) che unitamente ai dati sulle matrici agricole e biologiche prodotte da ISZM, minimizzano di gran lunga tutta la “narrazione” del mega-inquinamento della “Terra dei Fuochi”…. Le evidenze scientifiche dimostrano che le criticità in Campania sono viceversa localizzate nell’area urbana e metropolitana di Napoli, nel bacino del fiume Sarno e nella bassa Irpinia.

Questa situazione rendeva giustificabile il sequestro dei suoli agricoli operati nella “Terra dei Fuochi” da parte della Forestale diretta dal Generale Costa (poi diventato Ministro dell’Ambiente), con conseguente distruzione del comparto agricolo della zona “incriminata” e dell’intera Campania? Assolutamente no!  Ma, a fronte della mole dei dati scientifici, che fa ora della Campania la regione maggiormente e meglio monitorata d’Italia, si continua a invocare la necessità di “bonifiche” nella “Terra dei Fuochi”. La necessità propagandistica elettorale è palese; chi aneli ai benefici “economici” legati alle “bonifiche” lo lascio alle interpretazioni dei lettori. Non appare forse chiaro che, a valle dei danni provocati all’ambiente, ben precisi interessi mirino a “gestire” il lucrosissimo business delle “bonifiche”? Le bonifiche, ma sarebbe preferibile definirle operazioni di messa in sicurezza dei siti, vanno certamente fatte, laddove ne sia accertata la necessità, trovando caso per caso le soluzioni più adatte, anche con una valutazione di costi/benefici.

Vale la pena, ad esempio, di confrontare quanto si verifica per il risanamento di ex siti industriali dismessi (definiti brownfield sites) Americani e Europei, con attività pregresse simili a quella dell’ex sito industriale di Bagnoli, e con estensione molto superiore, con costi che non superano 100 milioni di €, a fronte dello scandaloso esempio della “bonifica” di Bagnoli. Per la quale si sono già spesi circa 700 milioni di €, in attesa di spenderne altri 700 milioni finanziati dal Governo Conte1 + altri circa 600 invocati già da Commissario per la bonifica di Bagnoli, nominato sempre da Governo Conte1. La vicenda della bonifica di Bagnoli è finita sotto processo da parte di Tribunale di Napoli che ha decretato in I Grado la condanna di molti degli imputati (5/2/2018; Motivazioni pubblicate il 13/7/2018). Ora bisognerà naturalmente attendere gli esiti giudiziari dei processi di Appello e Cassazione, che comunque non potranno modificare i risultati tecnici sanciti dal perito dei Giudici, Dott. Galli, in totale accordo con i risultati tecnici dei CT (fra i quali, il sottoscritto) del Pubblico Ministero. La bonifica di Bagnoli, spacciata ridicolmente, come “un caso unico al mondo”, appare essere la mucca pubblica “unica” al cui generoso latte nessuno vuole rinunciare.

Per concludere un’ultima domanda semplice che rivolsi anche ai Senatori della Commissione Igiene e Sanità durante la mia audizione nel 2015: perché a fronte dei miliardi che si sperperano per le bonifiche (vedi vergognoso caso di Bagnoli), non si spendono poche decine di milioni di € per monitorare lo stato dell’arte delle varie matrici ambientali su tutto il territorio nazionale, come fatto meritoriamente per la Regione Campania? Senza la conoscenza scientifica del territorio, ci sarà sempre spazio per la narrazione di altre cento, mille “Terre dei Fuochi”, per produrre altre cento, mille mucche da mungere….

 

A cura di Benedetto De Vivo, Professore Straordinario presso l’Università Telematica Pegaso, Napoli; Adjunct Professor: presso Virginia Tech, Department of Geosciences, Blacksburg 24061, VA, USA; Nanjing University, Nanjing, China; Hubei Polytechnic University, Huangshi, China. Già Prof. Ordinario di Geochimica Ambientale presso l’Università di Napoli Federico II.

2019 Gold Medal Award dell’Association of Applied Geochemistry; 2020 International Research Award as Innovative Researcher in Applied Geochemistry (by RULA AWARDS & IJRULA); In Lista di University Manchester, UK, tra i Top Italian Scientists (http://www.topitalianscientists.org/top_italian_scientists.aspx) nella Disciplina Natural & Environmental Sciences, 2019.

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