Covid, oltre al danno la beffa: il paziente 1 Mattia Maestri è stato indagato per epidemia colposa

Con buona pace di chi ama la caccia alla streghe e ci si crogiola da ormai due anni la posizione di Mattia Maestri, il paziente 1 del Covid-19 in Italia, è stata archiviata: non è stato ovviamente lui a causare la pandemia nel nostro Paese
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L’epidemia di Covid, in Italia, si è portata dietra tante stranezze, tante incongruenze, tante azioni istituzionali spesso incomprensibili. Tra queste vi è sicuramente la vicenda di Mattia Maestri, di Codogno, che tutti ricordiamo come il paziente uno, ovvero il primo a cui fu diagnosticato il Coronavirus in Italia. Ebbene nei suoi confronti era stato addirittura aperto un fascicolo di indagine dalla Procura di Lodi per epidemia colposa. Come se lui fosse colpevole di quanto accaduto in Italia dopo la scoperta della sua positività. Come se non fosse più logico pensare che chissà quanti positivi ci sono stati prima di lui e prima, semplicemente, non lo sapevamo ancora.

Mattia era stato intubato per 18 giorni, era tornato a casa dopo un mese e per il Covid perse anche il padre. Ecco cosa raccontava lui stesso dopo qualche mese: “Questi due mesi sono stati sconvolgenti, molto più che inimmaginabili, altro che un film. All’improvviso mi sono ammalato, sono arrivato ad un passo dalla morte e sono risorto. Sono rimaste contagiate e sono guarite mia moglie e mia mamma. Il virus sconosciuto ha ucciso mio padre. È nata infine Giulia, la nostra prima figlia. Ho imparato a resistere e a credere nella differenza tra fiducia e utopia, a considerare essenziale ogni istante di normalità. La vita e la morte senza offrirci l’opportunità di percepirlo ogni giorno si sfiorano in silenzio. Ho perso conoscenza a Codogno, pensando di avere una semplice polmonite e mi sono svegliato dopo 20 giorni a Pavia sopravvissuto a Covid-19. Ero anonimo, la pandemia mi ha trasformato in un simbolo d’Europa. Appena sedato a Codogno sono entrato in un limbo. Ero incosciente, a tratti sognavo ma non ricordo più cosa. Non soffrivo, però avevo la netta percezione che quella pace fosse l’anticamera della morte. Il mio paziente zero resta un mistero. Da mesi non ero andato all’estero. Sempre la stessa vita: il lavoro a Castelpusterlengo e gli amici tra Codogno e il Lodigiano. Quando stai per morire non puoi razionalmente resistere, penso però che l’imminente arrivo di Giulia abbia moltiplicato le mie energie fisiche, non potevo andare via mentre lesi stava arrivando. I medici mi hanno detto che da gennaio, non solo in Lombardia, erano esplose polmoniti incurabili, tra gli anziani era una strage, ma nessuno credeva che il coronavirus, fosse già arrivato in Europa. Con me, l’età ha fatto la differenzaIl 20 febbraio il Covid–19 ufficialmente in Europa non aveva contagiato nessuno. Io sono ancora giovane e sportivo, eppure ero in fin di vita. Questa anomalia ha permesso di trovarlo e la scoperta non ha salvato solo me. Da quel momento ha permesso di diagnosticare il virus in migliaia di persone. C’è stato il tempo di curare in sacco di gente, di capire perché in tanti stavano già soffrendo”.

Ad ogni modo, l’indagine si è chiusa nel migliore dei modi: nei giorni scorsi, dopo la richiesta della stessa Procura, il gip ha archiviato l’accusa. L’inizio delle indagini risale a un anno e mezzo fa. Il sospetto era che Maestri non fosse stato subito sincero con i medici dell’ospedale di Codogno, parlando dei suoi contatti. Alla fine di queste indagini, che a ben vedere appaiono assurde e inutili, non sono stati ravvisati reati. Con buona pace di chi ama la caccia alla streghe e ci si crogiola da ormai due anni. E’ stato riconosciuto che Maestri non ha violato nessuna norma e dunque la sua posizione è stata archiviata.

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