Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano è categorica: la vigile attesa caldeggiata dal Ministero della Salute in caso di Covid ha portato a malattia severa e morte.
In un video postato oggi sui social, la dottoressa Gismondo non le manda a dire: contro il Covid “abbiamo un’arma, le terapie. Ma il sito del Ministero della Salute disconosce il sistema delle cure domiciliari che sono state messe a punto da centri di ricerca autorevoli” e il governo ha dunque “continuato a consigliare la vigile attesa, ovvero la sicurezza verso la malattia severa e il decesso. In qualsiasi patologia quello che fa la differenza è la diagnosi precoce, è intervenire precocemente; attendere, in sanità, vuol dire impedire l’intervento e avere meno probabilità di cura e di esito positivo“.
“E quanti morti ha procurato tale vigile attesa in Italia? Quanti morti o quanti ricoverati in terapia intensiva se l’Aifa, velocissima in alcune situazioni, non avesse perso mesi per autorizzare l’utilizzo dei monoclonali salvavita? – si chiede Gismondo –. Per ben due volte, malgrado fossero autorizzati in altri paesi, l’Aifa ha respinto la documentazione perché considerata insufficiente. La terza volta è stata pressata e direi minacciata dalla federazione dell’ordine dei medici, dai ricercatori, dagli scienziati affinché li autorizzasse“. Nonostante ciò, però, spiega la dottoressa “nei discorsi istituzionali i monoclonali sono rimasti assenti. I medici non sono stati invitati ad usarli, non sono stati formati ad usarli, tanto che migliaia di dosi arrivate alla scadenza, sono poi state regalate all’Ungheria perché noi ne abbiamo utilizzato circa 1300 su centinaia di migliaia acquistati”.
Un quadro, quello delineato da Maria Rita Gismondo che emerge sempre più prepotentemente come verità incontrovertibile: puntare tutto sui vaccini non era la scelta da fare. Alla campagna vaccinale era necessario affiancare una maggiore consapevolezza del fatto che le cure domiciliari, e non la vigile attesa, erano la vera arma contro un virus che di per sé è mortale perlopiù se curato tardi e se va a colpire chi ha ha deficit immunitario già preesistente.