La Cina è il più grande emettitore di CO2 al mondo, con 11.680 milioni di tonnellate (Mt) di emissioni di anidride carbonica nel 2020. Si tratta di poco più del 32% delle emissioni totali mondiali del 2020. Gli Stati Uniti hanno rilasciato la seconda quantità più alta di emissioni (4.535 Mt), ovvero circa il 12,6% delle emissioni globali totali.
Al 3° posto nella classifica globale, segue l’India con 2.411 Mt di emissioni di CO2, poi la Russia con 1.674 Mt e il Giappone con 1.061 Mt. Le posizioni dal 6° al 10° posto, sono occupate in ordine da Iran (690 Mt), Germania (636 Mt), Corea del Sud (621 Mt), Arabia Saudita (588 Mt) e Indonesia (568 Mt). L’Italia occupa il 19° posto con 297 Mt, dietro al Regno Unito (18°) con 313 Mt.
Emissioni di CO2 pro capite
Le emissioni totali, tuttavia, non riescono a raccontare la storia completa. Si può notare, infatti, che i primi tre emettitori sono anche tre dei Paesi più popolosi della Terra, quindi è ovvio che le loro emissioni siano superiori a quelle dei Paesi che hanno un numero di abitanti molto più basso. Per una misura più accurata del successo o meno delle politiche di un Paese nel ridurre le emissioni di CO2, è spesso utile esaminare non solo le emissioni totali, ma anche le emissioni di CO2 pro capite. Ed è qui che arrivano delle sorprese.
La classifica viene stravolta. Al 1° posto per le emissioni pro capite più alte nel mondo, c’è Palau, stato insulare nell’Oceano Pacifico. Con una popolazione di circa 21.000 persone è una delle nazioni meno popolose del mondo. Nel 2020, ha emesso 55 t di CO2 pro capite. Al 2° posto, troviamo il Qatar, che ha una popolazione di circa 2,3 milioni: nel 2020, ha messo 35 t di CO2 pro capite. Completa il podio Trinidad and Tobago (stato insulare dell’America centrale caraibica con 1,2 milioni di abitanti) che ha emesso 21 t di CO2 pro capite.
Al 4° posto, c’è il Bahrain (1,4 milioni di abitanti, 21 t di CO2 pro capite); 5° il Kuwait (4,4 milioni di abitanti, 20 t di CO2 pro capite); al 6° posto gli Emirati Arabi Uniti (9,7 milioni di abitanti, 20 t di CO2 pro capite); al 7° posto c’è il Brunei, piccola nazione di 460mila abitanti sull’isola del Borneo, che ha un tasso di CO2 pro capite di 17 t. In questa classifica, al 10° posto troviamo l’Australia, con 15 t di CO2 pro capite, seguita dal Canada con 14 t.
Gli Stati Uniti hanno la 13esima più alta emissione pro capite con 13 tonnellate, poco più del Lussemburgo che occupa la 15esima posizione, seguito dalle Seychelles (12 t). La Russia è invece 20esima (11 t), il Giappone è 26° (8 t), la Cina è 28esima (8 t) e l’India occupa la posizione 110 con sole 1,74 tonnellate pro capite.
L’Italia occupa il 60° posto, al pari di San Marino e Vaticano, con 5 tonnellate pro capite.
È evidente come un certo numero di Paesi in via di sviluppo occupi i primi posti della classifica delle emissioni pro capite, in gran parte a causa delle industrie dell’energia e dei trasporti meno regolamentate.
COP27
Oggi comincia la settimana decisiva della COP27, la Conferenza annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Il tema più caldo è quello della finanza climatica, ossia gli aiuti dei Paesi ricchi ai Paesi poveri per ridurre le emissioni di gas serra (mitigazione), per l’adattamento e per ristorare le perdite e i danni degli eventi meteo causati dal riscaldamento (loss & damage). I Paesi più ricchi, quelli del G7, hanno ribadito che vogliono mantenere i loro impegni di decarbonizzazione, in particolare l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale entro 1,5°C dai livelli pre-industriali. Ma al livello di G20, dove ci sono anche le nazioni emergenti, come Cina, India, Brasile, la situazione cambia. Di fronte al caro energia e materie prime, i Paesi emergenti hanno poca voglia di pensare alla decarbonizzazione.