Terremoto Marocco, esperti INGV: “in corso sequenza sismica, nessuna correlazione con gli eventi in Italia”

Terremoto Marocco, Carlo Doglioni: “bisogna far crescere una cultura della prevenzione. Rendere le case sicure è più importante che prevedere un terremoto”
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La scorsa notte, un forte terremoto di magnitudo 6.8 ha colpito il Marocco, nella regione di Marrakech, facendo crollare molti edifici e provocando oltre 800 morti, secondo l’ultimo bilancio fornito. Il terremoto in Marocco “è stato il più potente registrato in quell’area da quando si studiano i fenomeni sismici, anche se va ricordato che l’evento in Turchia, di un grado superiore (magnitudo 7.8, ndr), è stato 32 volte più energetico“, ha dichiarato in un’intervista a Sibilla Bertollini per l’Adnkronos il geologo Carlo Doglioni, Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). “Quella è una zona attiva sismicamente, geologicamente viva, ed è naturale che vi possano essere anche eventi importanti lungo la catena dell’Atlante o anche nel Rif o in Algeria”, spiega l’esperto.

La rete sismica presente nell’area “non è in grado di registrare i piccoli terremoti, quindi è impossibile misurare con precisione i cosiddetti aftershock”, certo è “che c’è una sequenza sismica in corso. Quel che invece non possiamo sapere è se vi saranno anche altri eventi importanti”. Quanto alle cause del sisma, “la parte nord dell’Africa si muove relativamente alla parte centrale e questo movimento ha prodotto la catena dell’Alto Atlante, la quale dimostra la compressione in atto tra questi due settori africani”, sottolinea Doglioni.

Il geologo sgombra poi il campo da ogni possibile correlazione con gli eventi sismici avvenuti nelle ultime ore in Italia: “a parte la notevole distanza, è stata registrata una magnitudo completamente diversa, 30.000 volte inferiore. No, non c’è nessuna relazione. Secondo il presidente dell’INGV, “sarebbe opportuno parlare di terremoti quando non avvengono, in maniera da instillare negli italiani (e non solo) una cultura della prevenzione, perché è molto più importante rendere le proprie case sicure che arrivare a prevedere un terremoto. Naturalmente, la comunità scientifica lavora sulla previsione degli eventi sismici ma avere delle strutture adeguate che resistano ad essi è essenziale”.

Il terremoto in Marocco è stato “estremamente energetico, quasi equivalente al sisma in Irpinia del 1980“, ha detto all’ANSA Doglioni. Il terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980 era stato di magnitudo 6.9.

Bianco (INGV): “nessun legame con i fenomeni nei Campi Flegrei”

Il fatto che non ci sia una correlazione tra il terremoto in Marocco e quello dei Campi Flegrei, avvenuto la sera di giovedì 7 settembre, lo ribadisce anche Francesca Bianco, direttrice del Dipartimento Vulcani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Quella in cui è avvenuto il terremoto in Marocco “è una zona sismogenetica importante del continente africano e che in passato ha sperimentato eventi sismici di pari intensità”, osserva Bianco. Nel 1624, per esempio, nella stessa area era avvenuto un terremoto che stime a posteriori indicano di magnitudo 6.7 e perciò confrontabile con quest’ultimo sisma. “Ovviamente la sismicità della catena dell’Atlante ha origini legate al movimento dell’Africa“, aggiunge l’esperta, riferendosi alla spinta verso Nord da parte della placca africana, le cui conseguenze si sono fatte sentire anche in Italia.

Non è questo, però, il caso del recente sciame sismico nei Campi Flegrei, osserva Bianco. “I Campi Flegrei sono una caldera e dal 2005 sta sperimentando il fenomeno noto del bradisismo, con il suolo da allora si è sollevato di 113 centimetri a partire dal Rione Terra. È un fenomeno completamente locale, che non ha una risposta geodinamica, non risponde alle grandi spinte delle zolle”.

L’esperta sottolinea che in quest’area completamente urbanizzata sono avvenute in passato eruzioni importanti, come quella esplosiva e dalla portata devastante avvenuta 40.000 anni fa, o la più recente, del 1538 e la più piccola osservata ai Campi Flegrei. In tutti i casi, si tratta di fenomeni legati a meccanismi “estremamente locali”, a una caldera che “ha una sua dinamica interna”. Il problema, secondo Francesca Bianco, “è che la memoria di quelle eruzioni si è persa rapidamente, così come si dimenticano le fiorenti cittadine romane finite sotto il mare per effetto del bradisismo”.

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