Nucleare, il Presidente AIN: “è l’energia più pulita e sicura ma servono infrastrutture”

Il Presidente dell'Associazione Italiana Nucleare: “il nucleare è un'energia pulita. Le emissioni di CO2 sono fra le più basse di tutte le possibili sorgenti"
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Con la crisi energetica degli ultimi anni, nel mondo si parla sempre più di energia nucleare, tanto che alla COP28, la 28esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, un gruppo di 20 Paesi ha siglato una dichiarazione congiunta, sottolineando la necessità di triplicare le capacità energetiche nucleari globali entro il 2050. Anche l’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, sostiene che “l’azzeramento delle emissioni ha bisogno dell’energia nucleare”. In Italia, “ci sono cento industrie nucleari, sono quelle che hanno salvato il nostro parco nucleare” in quasi quarant’anni di stop alle attività, ha dichiarato Stefano Monti, Presidente dell’AIN (Associazione Italiana Nucleare), in un’intervista concessa a GEA.

Il nucleare è un’energia pulita. Le emissioni di CO2 sono fra le più basse di tutte le possibili sorgenti, abbiamo un record di sicurezza che non ha nessuno. Se si considera tutta l’energia prodotta, il nucleare è quello che ha meno morti. Per il carbone, muoiono 500.000 persone all’anno nel mondo. E poi attenzione, quando si parla di sicurezza, si parla di fatalità”, ha detto Monti. Cioè del rischio di un’altra Fukushima? “A Fukushima i morti li hanno fatti il terremoto e lo tsunami. Per colpa della centrale nucleare non è morto nessuno, perché le persone sono state rilocate. C’è stato senza dubbio un impatto, perché 150mila persone hanno dovuto abbandonare la loro casa, muoversi altrove per evitare la contaminazione. In questa maniera però non è morto nessuno per l’incidente”, ha detto ancora Monti. “Nel Vajont, invece, sono morte quasi duemila persone in una notte. E c’è un incidente in un impianto idroelettrico cinese che ha fatto 20mila morti. Anche considerando Fukushima, il nucleare dimostra di essere più sicuro rispetto ad altri. Parliamo di reattori che sono ordini di grandezza più sicuri di Fukushima, che è stato progettato negli anni ‘50-‘60 e in terza generazione tra il ‘90 e il 2000, in tutti questi anni le tecnologie sono avanzate. Non sottostimiamo la rilocazione di 150mila persone, ma così facendo non ci sono stati morti, vogliamo adottare una tecnologia ben superiore, che resista a uno tsunami eccezionale”.

Riguardo alle dichiarazioni del Ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, che ha citato uno studio che parla di un ritorno sull’economia italiana da 45 miliardi e 42mila posti di lavoro, Monti ha detto: “sono numeri attendibili. Bisogna poi concretizzarli nella situazione del nostro Paese. Possono diventare reali se iniziamo l’implementazione del nucleare il prima possibile. Diventeranno reali quando si creeranno le condizioni perché un’utility possa prendere la decisione di realizzare un impianto nucleare e vederne l’efficacia sul territorio e sull’economia. Ci sono metodi ben consolidati per fare queste valutazioni di impatto sull’economia e sulla forza lavoro, ma per poter concretizzare è ora di mettere a terra le cose concrete da fare. Sono condizioni indipendenti dalle tecnologie. Qualsiasi tecnologia richiede che vengano sviluppate le tecnologie materiali e immateriali nel rispetto dei più alti standard di sicurezza e di salvaguardia, perché bisogna difendersi dai problemi di non proliferazione. Sono quelle infrastrutture che l’International Atomic Energy Agency ha individuato in un milestone approach che accompagna i Paesi che intendono introdurre il nucleare nel proprio mix energetico e vanno sviluppati in maniera armonica durante il progetto. Sono 19, tra queste la legislazione, la regolamentazione di sicurezza e salvaguardia e poi l’infrastruttura principe, cioè le risorse umane. Ci vogliono risorse umane in tutti i campi“.

Alla domanda su quanto tempo è necessario per iniziare a far funzionare una centrale in Italia, Monti ha risposto: “io chiedo sempre alla politica di dirci quali sono i suoi tempi, quando ha bisogno di avere energia nucleare in quantità apprezzabile dal punto di vista della decarbonizzazione e della sicurezza degli approvvigionamenti. Invece di buttare sempre il cuore oltre l’ostacolo e affaticarlo per nulla, cerchiamo di mettere in fila le cose da fare in maniera che a un certo punto avremo le condizioni per poter produrre in quantità. Ovviamente al 2025 è impossibile. Ma ci sono reattori già molto avanzati. Questi reattori, volendo, si possono comprare oggi. Una utility può comprarla oggi? A mio parere no, perché mancano le infrastrutture di base“.

Riguardo ai tempi necessari per costruirli, Monti ha detto: “per mettere assieme un programma nucleare, che preveda le infrastrutture di base, la realizzazione di un impianto e la connessione in rete, un periodo di tempo dell’ordine di 10 anni è ragionevole. Lo hanno fatto gli Emirati Arabi partendo da zero”. Per quanto riguarda, invece, i piccoli reattori di cui parla il governo, “quanto agli Smr, la Francia, che è il Paese più avanzato da questo punto di vista, ha detto che di quelli ne avrà uno all’orizzonte nel 2030-2032, dunque è ragionevole per noi averlo nel 2035. Ma servono sempre le infrastrutture. Poi se il reattore è piccolo probabilmente si riescono a trovare schemi di finanziamento più semplici. I possibili finanziatori aumentano e i tempi di realizzazione di riducono”.

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