Neuralink, chip nel cervello follia o futuro? Esperto: “tecnologia solida, accelera il progresso”

Telepathy è il nome del primo chip di Neuralink installato nel cervello umano: al momento è per le persone paralizzate ma gli obiettivi sono ambiziosi
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Il primo prodotto di Neuralink si chiama Telepathy, permetterà di controllare il telefono o il computer e attraverso di questi, molti altri dispositivi“. Così Elon Musk, fondatore e principale finanziatore dell’azienda Neuralink, vede il futuro del chip impiantabile. Lo ha scritto sulla piattaforma X poco dopo avere annunciato il primo impianto in un essere umano. “L’uso iniziale – ha proseguito Musk – è per chi ha perso l’uso delle gambe. Immaginate se Stephen Hawking avesse potuto comunicare più velocemente”.

Come facile comprendere, l’obiettivo a lungo termine di Musk e Neuralink è molto ambizioso. Come sta accadendo da quando sono iniziati i test su scimmie e maiali, nessuna delle sperimentazioni fatte finora è stata mai descritta in articoli su riviste scientifiche e per questo, tanti esperti ci vanno con i piedi di piombo. C’è chi non si lascia trasportare da facili entusiasmi, attendendo i primi risultati, e chi invece vi scorge un grande potenziale e grandi progressi compiuti nel settore.

Il Prof. Micera sul chip Neuralink: “tecnologia solida”

Quest’ultimo è il caso di Silvestro Micera, Professore di Bioelettronica e Ingegneria neurale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e al Politecnico (Epfl) di Losanna. “È un annuncio che fa ovviamente grande rumore per via del tweet di Elon Musk, ma in realtà“, dietro al primo impianto in un essere umano di un chip di Neuralink, oltre al rumore c’è di più, spiega all’Adnkronos Salute Micera, scienziato noto per il suo lavoro su braccia robotiche e protesi sempre più ‘umane’. “Questa tecnologia – assicura, parlando dei chip di Neuralink – è molto interessante e molto robusta. Mi è stato chiesto: non è una fuga in avanti, una follia? Conosco il gruppo di bioingegneri che ci sta lavorando, alcuni di loro molto bene, e sono bravi, seri. E quello che vogliono fare e che stanno facendo è tecnologicamente interessante perché ha alcuni vantaggi molto importanti rispetto ai precedenti sistemi”.

Utilizzare interfacce impiantabili nel cervello per leggere il pensiero, leggere informazioni dai neuroni e controllare dispositivi è una cosa che già hanno fatto vari gruppi nel passato. L’idea non è nuova – osserva – quello che è nuovo è la tecnologia. Il primo vantaggio è che ha un sistema per impiantare basato su un robot, che permette di impiantare degli elettrodi meno invasivi, dei fili, dei ‘capelli’ molto piccoli, in maniera veramente precisa. E, in aggiunta, il numero di elettrodi passa da un centinaio a molte migliaia e questo è molto interessante perché maggiore è il numero, maggiore è il campionamento del cervello e maggiori sono le informazioni che riusciamo a estrarre, maggiore è” teoricamente “la possibilità per il paziente di controllare più cose e meglio. Questo però si dovrà vedere, è una delle scommesse che bisognerà poi vedere se effettivamente si riesce a vincere”.

Nel dettaglio, come spiega l’azienda online, l’impianto creato da Neuralink registra l’attività neurale attraverso 1.024 elettrodi distribuiti su 64 fili altamente flessibili e ultrasottili. Che tempistiche aspettarsi? “Ci sono degli aspetti differenti – ragiona Micera – Nei prossimi mesi vedremo se almeno inizialmente sembra essere vinta la scommessa Neuralink. Ma in generale ci sono molte tecnologie, è un momento molto fertile per le neurotecnologie e la neuroingegneria. Quindi è possibile che, non domani ma nei prossimi 5 o 10 anni, cominceranno a esserci sempre più sistemi commerciali in giro”. Insomma, è una fase “di grande speranza, per i pazienti e anche per noi che ci occupiamo di queste attività. Bisognerà capire quante di queste speranze, speriamo molte, diventeranno realtà”.

Ulteriore sviluppo del settore

C’è poi un altro elemento da considerare, per Micera. “L’arrivo di Neuralink ha dato una scossa molto forte e ulteriore al mercato. In qualche maniera l’arrivo di uno degli uomini più ricchi del mondo inevitabilmente da un lato catalizza attenzione per il settore e rende più facile magari acquisire fondi. Dall’altro lato, anche i competitor si sono svegliati ancora di più e hanno deciso di andare ancor più veloce. Almeno dall’esterno, la mia impressione è che si sia velocizzato ulteriormente lo sviluppo in questo campo, dice Micera.

Chi sono i principali competitor di Neuralink? “Ne citerei due in particolare – elenca l’esperto – Uno sembra essere Blackrock Neurotech, la prima azienda a fare impianti in pazienti dal 2006, azienda storica che sembra aver avuto anche di recente un’accelerazione, e poi c’è un’altra realtà molto interessante, è australiana e si chiama Synchron, che ha un metodo innovativo di fare impianti nel cervello passando dal sistema vascolare, sicuramente meno invasivo poiché non ha bisogno di aprire il cervello”.

Chip in aiuto ai pazienti

I primi pazienti per cui Neuralink è stata autorizzata sono persone con SLA o quadriplegie causate da lesioni del midollo spinale. “Sono pazienti con gravissime problematiche a livello di riduzione dei comandi volontari, quindi loro sono sicuramente i primi candidati. E in futuro – spiega Micera – quando la tecnologia sarà un po’ più pronta, è possibile immaginare magari anche un’applicazione per l’ictus”.

Quello delle interfacce cervello-computer è un campo che, riflette l’esperto, “anche a noi interesserà sempre di più. Con Pietro Mortini”, primario dell’Unità di Neurochirurgia e Radiochirurgia stereotassica all’Irccs ospedale San Raffaele di Milano, “abbiamo creato un laboratorio qualche mese fa proprio per potenziare tutta questa serie di attività, unendo l’aspetto ingegneristico del Sant’Anna alle potenzialità cliniche neurochirurgiche del San Raffaele. Abbiamo pazienti impiantati con elettrodi nel midollo spinale”. È nota, per esempio, la storia di una 32enne con lesione midollare causata da un incidente sportivo, tornata a camminare con l’impianto del neurostimolatore midollare. “L’obiettivo che ci siamo posti – prosegue il bioingegnere – è di ampliare la tipologia di pazienti e anche la tipologia di impianti. Immaginare dunque in futuro una collaborazione” con realtà come Neuralink e le altre citate “per fare impianti nel cervello di pazienti. Dal nostro punto di vista questo è molto interessante e il laboratorio col San Raffaele è stato proprio pensato per aiutarci a cogliere queste opportunità. Obiettivo: aiutare i pazienti”.

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