Un’altra Sentenza del GdP di Lucca annulla una Ordinanza Ingiunzione della Prefettura di Lucca dell’importo di 600 euro. La sanzione era relativa al presunto mancato rispetto delle normative riguardanti l’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI), come la mascherina, e la mancanza del Green Pass. Il cittadino ha deciso di fare ricorso contro questa ordinanza, affidandosi all’avvocato Emanuele Fusi. Il Giudice di Pace di Lucca ha esaminato il caso e ha emesso una sentenza che ha annullato l’Ordinanza Ingiunzione della Prefettura di Lucca.
La sentenza
La sentenza ha stabilito che non vi erano prove sufficienti per sostenere gli addebiti. In particolare, ha rilevato che l’uso di una foto presa da Facebook non costituisce una prova valida per contestare una sanzione relativa al mancato utilizzo dei DPI o del Green Pass. Di conseguenza, la Prefettura di Lucca è stata condannata al pagamento delle spese legali.
La parte ricorrente ha argomentato in modo dettagliato le proprie ragioni, sostenendo “l’annullamento del provvedimento opposto“. Tra le varie eccezioni sollevate, si è contestata l’illegittimità dell’ordinanza per difetto di motivazione, del verbale per mancata contestazione immediata della violazione, della prova usata per la contestazione, e altre questioni procedurali.
È stato rilevato che l’ordinanza non motivava adeguatamente la decisione, limitandosi a dichiarare apoditticamente che il ricorso “è infondato per inadempimento dell’onere probatorio“. Inoltre, altre brevi considerazioni espresse nell’ordinanza non fornivano una motivazione sufficiente, trascurando questioni sollevate dalla parte ricorrente, come “l’illegittimità del verbale per violazione di legge“.
Il Giudice ha anche accolto l’eccezione riguardante la “mancata contestazione immediata della violazione“, sottolineando che la motivazione fornita dalla Prefettura non era esaustiva e non spiegava adeguatamente il motivo per cui la contestazione non era avvenuta.
È stata ritenuta fondata anche l’eccezione riguardante “l’utilizzo di una prova non valida per la contestazione“, poiché la foto utilizzata per identificare e contestare la violazione era stata presa da Facebook e non forniva garanzie sufficienti riguardo alla sua autenticità e alle circostanze in cui era stata scattata.