Svelato il volto del primo Homo Sapiens di 315 mila anni fa: è incredibile

"La ricostruzione del cranio di Irhoud è stata una sfida affascinante"
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Nel cuore delle ardite e profonde scoperte archeologiche, si staglia ora il volto di Irhoud, l’Homo sapiens più antico mai rinvenuto finora. Un’epopea di 315 mila anni fa prende vita, proveniente dal suggestivo Jebel Irhoud, Marocco, dove dal decennio degli anni ’60 del secolo scorso giacciono i reperti che hanno ribaltato le nozioni stesse sulla nostra evoluzione.

Ricostruire il volto del primo Homo sapiens

Questi fossili, meticulosamente esaminati e riprogettati tramite avanzate tecniche di scansione tridimensionale, costituiscono il fulcro di uno studio rivoluzionario appena pubblicato sulla prestigiosa OrtogOnLineMag. Il lavoro scientifico, frutto della collaborazione con i ricercatori dell’Istituto Max Planck per l’Antropologia, ha visto la supervisione esperta di Cicero Moraes, rinomato per le sue straordinarie ricostruzioni di volti storici tramite tecnologia 3D.

La ricostruzione del cranio di Irhoud è stata una sfida affascinante“, rivela Moraes, evidenziando l’impiego di sofisticate tecniche di tomografia computata, adattate con maestria per aderire alla struttura cranica dell’Homo sapiens primitivo. L’impiego di modelli di tessuti molli derivati da individui moderni ha permesso di delineare con precisione sorprendente il volto di Irhoud, caratterizzato da una dentatura e da una morfologia facciale sorprendentemente simili alle nostre.

Una scoperta rivoluzionaria

Il risultato finale di questa impresa scientifica è un doppio affresco: uno obiettivo, in scala di grigi e privo di capelli, mirato a enfatizzare gli aspetti tecnici della ricostruzione; l’altro, più artistico e vibrante, che restituisce con il colore della pelle e dei capelli l’umanità che fu di Irhoud. Questa figura ancestrale, sebbene moderna nel suo aspetto esteriore, ancora porta tracce di caratteristiche arcaiche, un ponte evolutivo tra il nostro presente e un passato remoto.

Molte delle caratteristiche osservate in Irhoud richiamano paralleli con altri reperti antichi, come Skhul V trovato in Israele“, osserva Moraes, sottolineando anche la somiglianza con tratti distintivi dei Neanderthal e degli Heidelbergensis. Questa continuità evolutiva suggerisce un intreccio intricato di linee genealogiche umane, dipingendo un quadro complesso e affascinante della nostra storia biologica.

In definitiva, il volto di Irhoud non è solo un’immagine del passato remoto, ma una testimonianza tangibile della nostra continua ricerca di identità nel panorama mutevole dell’evoluzione umana. Con ogni scoperta, ampliamo i confini della nostra comprensione e dell’immaginazione, gettando nuova luce sui misteri che ancora attendono di essere svelati nei meandri del tempo antico.

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