Nell’agosto del 2019, l’Australia sudorientale ha iniziato a bruciare. Quelli che inizialmente sembravano essere i soliti incendi estivi, in poche settimane si sono trasformati in una delle peggiori catastrofi naturali della storia moderna del paese. Fiamme inarrestabili, alimentate da temperature record e da una siccità persistente, hanno distrutto milioni di ettari di terra, causando la morte di innumerevoli animali, la distruzione di abitazioni e l’evacuazione di migliaia di persone. Tuttavia, l’impatto di questi incendi si è esteso ben oltre i confini dell’Australia. Infatti, la loro portata e intensità hanno scatenato una catena di eventi nell’atmosfera superiore che ha portato a scoperte senza precedenti sugli effetti dei mega-incendi boschivi sulla chimica dello strato di ozono.
Uno studio pubblicato a luglio 2024 su Science Advances da un team internazionale di scienziati provenienti da Cina, Germania e Stati Uniti ha rivelato come un fenomeno atmosferico chiamato “vortice carico di fumo” (Smoke-charged Vortex, SCV) possa trasportare enormi quantità di aerosol fino a 35 chilometri di altitudine nella stratosfera. Questi SCV non solo aumentano la concentrazione di aerosol nella stratosfera, ma anche la influenzano in modi che possono avere implicazioni globali per la protezione dell’ozono, uno scudo vitale che ci protegge dalle radiazioni ultraviolette (UV) del sole.
Il Protocollo di Montreal
Prima di esaminare in dettaglio la scoperta degli SCV, è essenziale comprendere il contesto storico della protezione dell’ozono. Lo strato di ozono, situato nella stratosfera tra circa 10 e 50 chilometri sopra la superficie terrestre, è cruciale per la vita sulla Terra. Questo sottile strato di gas ozono (O3) assorbe la maggior parte delle radiazioni UV-B e UV-C del sole, proteggendo le forme di vita dalla loro potenziale pericolosità.
Negli anni ’70 e ’80, i ricercatori scoprirono che alcune sostanze chimiche prodotte dall’uomo, in particolare i clorofluorocarburi (CFC), stavano riducendo rapidamente lo strato di ozono. Questa scoperta ha portato alla creazione del Protocollo di Montreal nel 1987, un trattato internazionale che mirava a eliminare gradualmente l’uso di queste sostanze. Grazie a questo accordo, lo strato di ozono ha iniziato a riprendersi, con segnali positivi di guarigione osservati già nei primi anni 2000.
Tuttavia, lo studio sugli SCV mette in luce che, nonostante i progressi ottenuti grazie al Protocollo di Montreal, lo strato di ozono rimane vulnerabile a nuove minacce, in particolare quelle legate ai cambiamenti climatici e agli eventi naturali estremi, come i mega-incendi boschivi.
Gli incendi boschivi australiani del 2019/20
Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, l’Australia è stata colpita da uno degli incendi boschivi più devastanti della sua storia. Questi incendi, noti come “Black Summer“, hanno incenerito oltre 18 milioni di ettari di terra, distrutto più di 3.000 case e ucciso circa tre miliardi di animali. Le immagini del fumo che si innalzavano nel cielo sono state trasmesse in tutto il mondo, ma ciò che molti non sapevano era che queste nubi di fumo non si stavano limitando a inquinare l’aria a livello del suolo.
Secondo i ricercatori, il fumo generato da questi incendi ha innescato la formazione di SCV, potenti vortici che hanno trasportato enormi quantità di aerosol fino alla stratosfera media, raggiungendo altitudini di 35 chilometri. Questi SCV hanno avuto un impatto senza precedenti sulla composizione chimica della stratosfera e, in particolare, sullo strato di ozono.
La scoperta degli SCV: un fenomeno atmosferico senza precedenti
L’elemento centrale dello studio pubblicato su Science Advances è la scoperta degli SCV, un fenomeno che non era mai stato osservato con questa intensità prima d’ora. Gli SCV sono vortici atmosferici generati dai massicci pennacchi di fumo prodotti dai mega-incendi boschivi. Questi vortici, carichi di fumo, trasportano aerosol e altri composti chimici nella stratosfera, dove possono persistere per mesi, influenzando la chimica dell’ozono a diverse altitudini.
Il professor Hang Su dell’Istituto di Fisica Atmosferica dell’Accademia Cinese delle Scienze, uno degli autori principali dello studio, ha spiegato che “l’SCV è un potente vortice carico di fumo che trasporta il fumo degli incendi nella stratosfera media, raggiungendo altitudini fino a 35 chilometri“. Questo processo, secondo Su, ha portato a un raddoppio del carico di aerosol nella stratosfera media dell’emisfero australe, alterando la chimica dello strato di ozono in modi complessi.
Il ruolo degli aerosol
Una delle scoperte più sorprendenti dello studio è che gli aerosol trasportati dagli SCV hanno un effetto duplice sull’ozono: in alcuni strati della stratosfera, questi aerosol facilitano reazioni chimiche che riducono la concentrazione di ozono, mentre in altri strati, paradossalmente, l’ozono viene aumentato. Questo comportamento complesso è dovuto a una serie di reazioni chimiche eterogenee che avvengono sulla superficie degli aerosol.
Nella stratosfera inferiore, la presenza di questi aerosol ha portato a una significativa riduzione dell’ozono. Tuttavia, nella stratosfera media, gli aerosol di fumo hanno aumentato l’assorbimento eterogeneo e l’idrolisi del N2O5, un processo che riduce la quantità di NOx, un gruppo di gas azotati reattivi che normalmente contribuiscono alla distruzione dell’ozono. Di conseguenza, si è osservato un aumento delle concentrazioni di ozono nella stratosfera media, un effetto che ha tamponato circa il 40% (fino al 70% in alcune regioni) della riduzione dell’ozono nella stratosfera inferiore.
La persistenza degli SCV
Uno degli aspetti più preoccupanti degli SCV è la loro capacità di persistere per lunghi periodi nella stratosfera. Questi vortici, che si estendono per migliaia di chilometri, possono durare per mesi, trasportando aerosol e altre particelle in profondità nella stratosfera e modificando la circolazione atmosferica a grandi distanze. Questo significa che gli effetti di un singolo incendio boschivo possono avere ripercussioni globali, influenzando la chimica dell’ozono e alterando il clima a livello planetario.
Il professor Yafang Cheng del Max Planck Institute for Chemistry, uno degli autori dello studio, ha dichiarato che “i vortici carichi di fumo possono persistere per mesi, trasportando aerosol in profondità nella stratosfera e influenzando lo strato di ozono in modi distinti a diverse altitudini. Questo evidenzia la necessità di una vigilanza e di una ricerca continue man mano che il cambiamento climatico progredisce“.
La persistenza degli SCV pone nuove sfide per la comprensione e la gestione degli impatti climatici dei mega-incendi boschivi. Poiché questi eventi estremi diventano sempre più frequenti e intensi a causa del riscaldamento globale, la formazione di SCV potrebbe diventare un fenomeno più comune, aumentando il rischio per lo strato di ozono e per la stabilità climatica globale.
Il cambiamento climatico e il futuro degli SCV
Il riscaldamento globale sta già alterando in modo significativo i modelli meteorologici e aumentando la frequenza e l’intensità degli eventi naturali estremi. Gli incendi boschivi, in particolare, sono diventati più devastanti negli ultimi decenni, con un numero crescente di mega-incendi che superano le capacità di controllo delle autorità locali. Questo aumento degli incendi non solo ha un impatto immediato sulle comunità e sugli ecosistemi, ma sta anche esponendo la stratosfera a nuove quantità di aerosol e composti chimici attraverso la formazione di SCV.
Il dottor Chaoqun Ma, ricercatore presso il Max Planck Institute for Chemistry e primo autore dello studio, ha sottolineato che “con l’aumento delle temperature globali e la crescente siccità in molte regioni del mondo, ci aspettiamo un incremento della frequenza e dell’intensità dei mega-incendi boschivi. Questo significa che la formazione di SCV potrebbe diventare un fenomeno più comune, con potenziali conseguenze devastanti per lo strato di ozono e per la nostra capacità di proteggere il pianeta dalle radiazioni UV“.
Il riscaldamento globale, quindi, non è solo un problema di temperatura; sta modificando la dinamica dell’intero sistema atmosferico, creando nuove sfide per la scienza e la politica internazionale. La scoperta degli SCV dimostra che il cambiamento climatico può innescare meccanismi atmosferici inaspettati che potrebbero mettere a rischio i progressi ottenuti nella protezione dell’ozono e nella mitigazione dei cambiamenti climatici.