Dopo undici ore di apprensione, l’allarme tsunami che aveva fatto temere gravi conseguenze per la Kamchatka – regione dell’estremo oriente russo – e per ampie aree del Pacifico, tra cui le Hawaii, è finalmente rientrato: lo hanno confermato le autorità russe e il Centro di allerta tsunami del Pacifico. È la conclusione di ore di tensione, dopo che uno dei terremoti più forti mai registrati ha scosso il fondale oceanico generando onde che hanno viaggiato per migliaia di chilometri.
Il terremoto magnitudo 8.8 in Russia
Il terremoto ha colpito alle 01:25 ora italiana con una magnitudo di 8.8 e una profondità stimata di circa 21 km, secondo l’U.S. Geological Survey. L’epicentro si trovava a circa 120 km dalla città russa di Petropavlovsk-Kamchatsky, una delle principali della penisola. Il sisma ha provocato immediatamente evacuazioni su vasta scala, soprattutto in Russia, Giappone, Hawaii e lungo la costa occidentale degli Stati Uniti, dove si temevano onde potenzialmente distruttive.
In Russia, nella zona più vicina all’epicentro, si sono registrate onde di tsunami alte tra i 3 e i 4 metri, mentre lungo alcune parti della costa della Kamchatka – secondo l’Istituto russo di oceanologia – le onde potrebbero aver raggiunto anche i 10-15 metri. In Giappone, sull’isola settentrionale di Hokkaido, l’altezza massima rilevata è stata di 60 centimetri, mentre onde tra i 60 e i 150 cm hanno raggiunto le coste della California, dell’Oregon, dello Stato di Washington e della Columbia Britannica canadese.
Paura, danni lievi e feriti
Nonostante la potenza del terremoto e l’impatto emotivo, i danni gravi sembrano essere stati evitati. In Kamchatka diverse persone sono rimaste ferite, per lo più mentre tentavano di abbandonare edifici o scappando in preda al panico. Fortunatamente, nessuna delle persone coinvolte è in gravi condizioni. Un ospedale ha riportato il ferimento di un paziente che ha tentato di saltare da una finestra, mentre a Petropavlovsk-Kamchatsky un asilo in ristrutturazione ha subito danni.
Un video diventato virale mostra l’equipe di una clinica oncologica che, nel mezzo del terremoto, trattiene un paziente durante un intervento chirurgico, riuscendo poi a completare l’operazione una volta cessata la scossa principale.
Tutte le sirene di allarme hanno funzionato tempestivamente: lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citato da Ria Novosti. “Tutti i sistemi di allerta hanno funzionato in tempo. Per quanto riguarda lo tsunami, è stata organizzata l’evacuazione delle persone dalle regioni da cui era necessario evacuarle“, ha spiegato. “In generale, anche la resistenza sismica degli edifici ha dato prova di efficacia: grazie a Dio non ci sono vittime. Non ci sono vittime e, pertanto, possiamo dire che il livello di preparazione tecnologica si è rivelato adeguato e ha funzionato bene“, ha aggiunto Peskov.
In Giappone si segnala un ferito e lievi danni a infrastrutture portuali.
Un fenomeno globale: come viaggia uno tsunami
Il terremoto e il conseguente tsunami hanno dimostrato ancora una volta la complessità dei fenomeni sismici e la forza del mare. Le onde generate da un sisma possono attraversare l’oceano a velocità simili a quelle di un aereo di linea – centinaia di km orari – rallentando e “impilandosi” quando raggiungono acque più basse vicino alla costa, aumentando così il rischio di inondazioni improvvise.
Come ha spiegato Dave Snider, coordinatore del National Tsunami Warning Center in Alaska, uno tsunami non è mai composto da un’unica onda, ma da una serie di onde che possono arrivare nell’arco di molte ore. Questo spiega perché, anche dopo la fine della scossa principale, milioni di persone lungo le coste del Pacifico sono rimaste in allerta.
Le conseguenze sul piano internazionale
Oltre alla Russia, l’allerta tsunami aveva coinvolto ampie aree del Pacifico: Hawaii, Giappone, la costa Ovest degli Stati Uniti e perfino regioni più lontane come le Filippine, il Messico, la Nuova Zelanda e vari stati insulari del Pacifico meridionale. Fortunatamente, in tutte queste aree l’allarme è stato ridimensionato o revocato nelle ore successive.
Le centrali nucleari giapponesi, compresa la complessa e delicata situazione di Fukushima, non hanno segnalato anomalie. Circa 4mila lavoratori del sito della centrale hanno comunque seguito i protocolli di sicurezza, rifugiandosi su terreni più elevati.
La memoria del 2011 e la consapevolezza del rischio
La reazione rapida delle autorità e delle popolazioni colpite testimonia quanto la memoria del devastante terremoto e tsunami del 2011 in Giappone – che causò oltre 18mila vittime e il disastro nucleare di Fukushima – abbia cambiato la percezione del rischio in tutta l’area del Pacifico.
In Giappone, decine di residenti si sono radunati spontaneamente nei centri di evacuazione, alcuni raccontando alla TV pubblica NHK di averlo fatto senza esitare, perché è ancora vivo il ricordo del 2011. Anche in Russia è stato proclamato lo stato di emergenza sulle isole Curili, dove alcune onde hanno causato temporanei blackout e allagamenti nei porti, ma senza danni gravi.
Un pericolo reale ma contenuto
L’allarme tsunami rientrato rappresenta un sollievo per milioni di persone, ma ricorda la potenza e l’imprevedibilità dei fenomeni naturali. Anche quando il bilancio fortunatamente si limita a pochi feriti e danni contenuti, restano il timore e la consapevolezza della necessità di essere preparati.
Il Pacifico torna a respirare, ma la Terra – come dimostra la sequenza di potenti scosse registrate in luglio vicino alla Kamchatka – ricorda costantemente la sua forza.



Vuoi ricevere le notifiche sulle nostre notizie più importanti?