Coronavirus, il Politecnico di Milano resta aperto: “Come lo è stato nei momenti più bui della storia”

Quando ce ne sarà bisogno, "siamo preparati a commutare tutta la didattica in remoto, a ridurre ulteriormente la presenza". Quel giorno, però, "ci chiederemo se sarà valsa la pena provare, fino all'ultimo, a tenere aperta l'università. Già oggi, io rispondo di sì, in modo convinto"
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Il Politecnico di Milano resta aperto, “come lo è stato nei momenti più bui della storia”. In una lunga lettera a studenti e colleghi, il rettore dell’università milanese, Ferruccio Resta, spiega la sua decisione, anche se “è possibile“, ammette, che tra qualche giorno le autorità sanitarie impongano di fare diversamente.

“Al fianco delle nostre paure e debolezze, c’è un’istituzione che abbiamo l’onore di servire o di frequentare. Accanto alla paura, c’è il senso del dovere: per questo il Politecnico è aperto oggi come lo è stato nei momenti più bui della nostra storia”, sottolinea Resta. “Il nostro Ateneo ha voluto con forza ed entusiasmo avviare il semestre” e, continua, “ci siamo attrezzati per farlo. Abbiamo allestito spazi sicuri. Abbiamo chiesto ai nostri docenti di entrare in aula ogni giorno dal 14 settembre ad oggi, anche di sabato, modificando orari e abitudini“.

Il Politecnico di Milano, secondo il rettore, “è un luogo di scienza, di cultura e di ricerca. È un luogo di formazione e la formazione è un diritto costituzionale che non possiamo dimenticare. È un luogo di relazioni sociali che fa crescere tutti noi non solo in termini disciplinari ma come persone. In questo momento, i nostri campus sono, altresì, un luogo sicuro dove le regole per evitare il contagio sono rigorose e rispettate. Per questi motivi ritengo che le nostre aule, i nostri laboratori, le nostre biblioteche debbano rimanere aperti e accessibili”.

Nella sua lettera, Resta rivela anche la sua esperienza personale con il virus. “Io stesso – racconta – ho vissuto in prima persona tale situazione all’interno della mia famiglia. Capisco, perciò, cosa significhi provare il senso di abbandono e chiedersi che fine abbiano fatto le istituzioni sanitarie. Provare sconforto nel vedere un familiare colpito dalla malattia e domandarsi come sia potuto accadere, dove non siamo stati attenti”.

Nella ‘comunità’ del Politecnico di Milano, il Covid corre ugualmente: “Attualmente sono circa 150 le persone in isolamento, contagiate o venute in contatto con malati Covid“, spiega. Non per questo, secondo il rettore, bisogna chiudere tutta l’università. Ma quando ce ne sarà bisogno, “siamo preparati a commutare tutta la didattica in remoto, a ridurre ulteriormente la presenza”. Quel giorno, però, “ci chiederemo se sarà valsa la pena provare, fino all’ultimo, a tenere aperta l’università. Già oggi, io rispondo di sì, in modo convinto. Abbiamo fornito l’opportunità alle matricole di entrare a contatto con una realtà nuova, di conoscere docenti e compagni. Abbiamo permesso agli studenti degli ultimi anni di completare i lavori di laurea o di dottorato. Quel giorno – conclude – non sarà una sconfitta, ma solo un altro momento buio all’interno di un anno indubbiamente terribile che affronteremo insieme, uniti come lo siamo stati in questi mesi, in attesa di ritrovare la serenità dei tempi migliori”. 

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