“Se tutti stanno in allerta e seguono le regole, possiamo tenere sotto controllo il Coronavirus tenendo basso l’indice di contagio”. A ribadirlo, questa sera in conferenza stampa, è stato il premier britannico Boris Johnson. “Stare in allerta per la grande maggioranza di persone significa restare a casa il più possibile“, ha aggiunto. “Chi non può lavorare da casa dovrebbe contattare il proprio datore di lavoro sulla possibilità di tornare”. Stare in allerta significa, ha elencato il premier britannico, lavorare da casa se si può, limitare i contatti, mantenere una distanza di due metri l’uno dall’altro, lavare le mani regolarmente, coprirsi il viso quando si sta al chiuso, isolarsi in caso di sintomi.
Il piano annunciato ieri verso una Fase 2 dell’emergenza coronavirus nel Regno Unito punta a una “cauta e graduale” riapertura della società e dell’economia, ma si limita per ora alle “prime modifiche prudenti” soggette “come sempre al buonsenso del popolo britannico”, con tappe successive condizionate alla verifica di 5 premesse fra cui il calo dei contagi e l’incremento dei test. Lo ha detto il premier Tory, Boris Johnson, alla Camera dei comuni, ammettendo “il tragico” bilancio di vite perdute nel Regno, ma rivendicando lo sforzo fatto e “la catastrofe evitata” che si sarebbe potuta verificare se gli ospedali fossero stati “sovraffollati” di ricoveri. Johnson ha insistito sul nuovo slogan “stay alert” (state in allerta), mentre ha assicurato che la situazione sarà monitorata costantemente e che il piano potrà essere rallentato – con misure radicali reintrodotte – in caso di un nuovo innalzamento dei contagi e di rischi di un secondo picco. Ha inoltre detto che le differenze sul lockdown fra Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord sono lievi e “devono essere a corto termine”.
“A luglio, se i dati lo consentiranno, il governo passerà alla terza fase”, ovvero alla riapertura di ristoranti, caffé, parrucchieri e altre attività commerciali “ma solo se si potrà essere in grado di mantenere il distanziamento sociale” e in ogni caso “il governo non esiterà a frenare se necessario“, ha chiarito Johnson.
Da mercoledì, ha detto il premier, “non ci saranno limiti all’esercizio fisico all’aperto“, mentre “le persone clinicamente vulnerabili dovrebbero continuare a osservare le regole attuali. Credo che tutti comprendano ciò che stiamo cercando di fare. Ossia lavorare assieme come paese nel rispettare le regole del distanziamento sociale che tutti comprendono. Questo è il momento in cui tutto i paese deve unirsi, obbedire a quelle norme, far uso del buon senso nella loro attuazione”.
Sulla situazione dell’epidemia, il premier parlato di “inizio della discesa dal picco”, ha sottolineato come il popolo britannico abbia dovuto far fronte ad una grave minaccia, ha cambiato le proprie abitudini di vita, mentre “molte famiglie hanno perso i loro cari”. Ma il sistema sanitario nazionale non è stato sopraffatto: “Se lo fosse stato, sarebbero state perse molte più vite“. L’indice di contagio – ha poi reso noto – è ora compreso tra lo 0,5 e lo 0,9 e la sfida è ora trovare la strada da percorrere di qui in avanti. Il governo deve trovare un equilibrio estremamente difficile, ha quindi osservato anticipando che potrebbero rendersi necessarie differenze nell’allentamento in diverse zone del paese ma se lo fossero sarebbe per un periodo di tempo breve.
Dal punto di vista dello sport, il governo britannico ha dato il via libera alla ripresa della Premier League – il campionato di calcio – e ad altri sport professionistici a porte chiuse dal primo giugno, a condizione che siano soddisfatte le sue cinque prove per il controllo del coronavirus. La notizia è contenuta in un documento di 60 pagine, Our Plan to Rebuild, che presenta in termini generali la strategia del governo per l’uscita del Regno Unito dal lockdown imposto per far fronte alla pandemia. Lo sport sarebbe in grado di ripartire nella seconda fase del piano del governo. Ciò consentirebbe che “eventi culturali e sportivi si svolgano a porte chiuse per essere trasmessi, evitando il rischio di contatti sociali su larga scala”.
Le linee guida pubblicate dal governo britannico, relative alla “road map” verso una Fase 2 sull’emergenza coronavirus, confermano la prossima introduzione nel Regno Unito di una quarantena obbligatoria per chiunque viaggerà oltremanica dall’estero, con o senza sintomi di sorta. La misura varrà per chiunque arriverà o rientrerà nel Paese, con qualunque mezzo. Ai controlli di confine sarà richiesto ai viaggiatori di indicare un indirizzo per la quarantena e un numero di telefono. Resta tuttavia da stabilire una data per l’entrata in vigore: data su cui Johnson ha oggi glissato ai Comuni; e che il ministro degli Esteri, Dominic Raab, in un precedente confronto con la ministra ombra laburista Lisa Nandy s’è limitato a per ora a rinviare a quando il Regno avrà raggiunto un tasso interno di contagi “più basso”. Raab non ha peraltro escluso condizioni reciproche pià flessibili con alcuni Paesi, mentre è già stato chiarito che la misura non varrà per gli arrivi dall’Irlanda e sarà adottata verso la Francia solo in modo concordato.