Mentre in Italia ci si prepara a un’estensione della didattica a distanza, un’analisi su ‘Nature‘ spiega – mettendo insieme diversi studi e dati provenienti anche dall’Italia – perché le scuole non sono ‘punti caldi’ per la diffusione di Covid-19. E’ improbabile che i bambini piccoli diffondano il virus, ma i bambini più grandi sono più a rischio, affermano i ricercatori. I dati raccolti in tutto il mondo “suggeriscono che le scuole non siano punti caldi per le infezioni da coronavirus. Nonostante i timori, le infezioni da Covid-19 non sono aumentate quando scuole e asili nido hanno riaperto. E quando si verificano focolai, per lo più provocano solo un piccolo numero positivi”.
Tuttavia, la ricerca mostra anche che i bambini possono contrarre il virus e diffondere particelle virali, e i più grandi hanno maggiori probabilità rispetto ai bimbi molto piccoli di trasmetterlo ad altri. Se scuole e asili nido sembrerebbero fornire un ambiente ideale per la trasmissione del coronavirus con grandi gruppi al chiuso per lunghi periodi di tempo, secondo Walter Haas, epidemiologo di malattie infettive presso il Robert Koch Institute di Berlino, a livello globale le infezioni sono ancora molto più basse tra i bambini che tra gli adulti. Anche nei luoghi in cui le infezioni a livello di comunità sono in aumento, i focolai nelle scuole sono rari, in particolare quando vengono adottate precauzioni per ridurre la trasmissione.
“Più di 65.000 scuole in Italia hanno riaperto a settembre – si legge su Nature – ma solo 1.212 strutture avevano sperimentato focolai 4 settimane dopo. Nel 93% dei casi è stata segnalata una sola infezione e solo una scuola superiore aveva un cluster di oltre 10 persone infette”.