Clima, Crescenti: “l’impatto antropico è una delle menzogne scientifiche più grandi della storia”

Uberto Crescenti, uno dei firmatari della World Climate Declaration, ribadisce le motivazioni scientifiche contro la teoria del riscaldamento globale antropico
MeteoWeb

Il tema dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale è di grande attualità e occupa molto spazio sui media, prevalentemente con toni catastrofisti. La filosofia dominante, infatti, è quella del riscaldamento globale antropico, secondo cui l’attività dell’uomo, in particolare l’utilizzo dei combustibili fossili, sta facendo aumentare la temperatura della Terra, innescando cambiamenti climatici dalle conseguenze disastrose. Per questi motivi, molti Paesi, prevalentemente occidentali, stanno puntando sulla decarbonizzazione, impegnandosi in politiche “zero emissioni” difficilmente realizzabili ma dai gravi costi economici e sociali. 

In Italia, un gruppo di scienziati, tra i firmatari della World Climate Declaration, cui hanno aderito oltre 1.200 esperti nel mondo per sostenere che non c’è emergenza climatica, aveva chiesto un “pubblico confronto” scientifico con i promotori della lettera aperta Appello sul Clima. L’obiettivo era, appunto, mettere a confronto le due posizioni (“catastrofisti” contro “anti-catastrofisti”). Per i promotori dell’Appello sul Clima, considerate “le evidenze di aumenti di ondate di calore e siccità, di ritiro dei ghiacciai alpini, di aumento delle ondate di calore marine e, in parte, di aumento degli eventi estremi di precipitazione, appare urgente porre il problema climatico in cima all’agenda politica”. Al contrario, nella World Climate Declaration, i firmatari sostengono che “l’origine antropica è una congettura non dimostrata”, dedotta da modelli “che non sono in grado di riprodurre la variabilità climatica naturale, che però è responsabile di parte del riscaldamento osservato dal 1850”. Pertanto “la responsabilità antropica del cambiamento climatico osservato nell’ultimo secolo è ingiustificatamente esagerata e le previsioni catastrofiche non sono realistiche”. Ma l’invito al pubblico confronto, lanciato il 13 agosto, è caduto nel vuoto. 

Uberto Crescenti, Professore emerito di geologia applicata, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara, già Rettore del suo ateneo nonché Presidente della Società Geologica Italiana, è uno dei sostenitori della World Climate Declaration e dell’invito del 13 agosto. In un’intervista concessa a Marco De’ Francesco per “Industria Italiana”, Crescenti ribadisce le motivazioni scientifiche contro la teoria del riscaldamento globale antropico.  

Parlando del clima del passato, Crescenti afferma: “ci sono prove inconfutabili che l’area mediterranea e europea in generale fosse più calda di 3°C, nell’Optimum climatico romano (250 a.C. – 400 d.C.). Lo si apprende, ad esempio, dallo studio sui foraminiferi, protozoi marini sia bentonici che planctonici. Registrano il clima, grazie al rapporto tra gli isotopi dell’ossigeno (O18-O16). D’altra parte, l’impresa di Annibale non sarebbe stata possibile con i ghiacci sui passi alpini. Sempre per i Romani, la Germania non era il luogo dei ghiacci e della neve, quanto quello delle paludi e di oscure e sconfinate foreste. Ancora più interessante, secondo me, è il Periodo Caldo Medievale”. 

“Ancora nel 1937, il grande geomorfologo e glaciologo Umberto Monterin aveva pubblicato sul XV Bollettino del Comitato Nazionale per la Geografia (Cnr) un articolo che avrebbe contribuito alla sua fama mondiale: “Il Clima delle Alpi ha variato in epoca storica?”. Che cosa si diceva in questo lavoro? Ad esempio, si portavano prove inconfutabili e granitiche sul fatto che nel Periodo Caldo Medievale (Pcm) il pino cembro e altri alberi si trovavano anche 200 metri sopra l’attuale limite superiore del bosco; dall’altra si faceva presente, tra l’altro, che nel 1100 e nel 1200 il colle del Teodulo (3.322 metri sul livello del mare) fu uno dei più importanti e più frequentati valichi fra la Valle D’Aosta e il Vallese, specialmente per il commercio del bestiame, tanto che, scrive Monterin, «secondo la tradizione un tempo era cosa tutt’altro che rara vedere transitare carovane intere di 25-30 muli». In realtà, nel lavoro di Monterin sono citate moltissime prove sul fatto che a quel tempo la temperatura era più alta di quella attuale, a mio avviso anche di due o tre gradi centigradi. Anche grazie a questo articolo, Monterin è considerato il vero iniziatore in campo internazionale della climatologia storica. Ci sono poi tanti studi di grande pregio scientifico, relative ad altre parti del mondo, che vanno nella stessa direzione. Faceva più caldo. D’altra parte, la saga dei Vichinghi altrimenti non si spiega: pensi alle colonie groenlandesi. Tuttavia, l’IPCC, il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico dell’ONU, che fa dell’impatto antropico sul riscaldamento globale un dogma, ha di fatto cancellato la verità storica del Pcm, declassandolo a fenomeno locale”, spiega Crescenti. 

Sul motivo dietro tale declassamento, l’esperto ha aggiunto: “perché ha sempre detto che se la temperatura aumentasse più di 2°C rispetto all’attuale, ci sarebbero conseguenze devastanti e irreversibili, tipo lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia o altre amenità; e in Pianura Padana ci si sposterebbe in gommone. In realtà periodi più caldi dell’attuale si sono già manifestati: i ghiacciai si sono ritirati, ma non si è sciolta la Groenlandia, e neppure l’Antartide. La catastrofe non si è verificata. Comunque si è fatto presto: i periodi caldi sono stati cancellati e si presenta l’andamento della temperatura negli ultimi duemila anni con un contestatissimo grafico a forma di mazza da hockey: una linea orizzontale quasi dritta per diciannove secoli fino ai tempi nostri, quando all’improvviso schizza in alto come una torre. A mio avviso è, nel migliore dei casi, frutto di un insieme clamoroso di errori; ma intanto quell’immagine è pubblicata da tutti i giornali, fomentando il terrore”. 

L’IPCC è un panel di 195 governi membri. Ciascun membro designa un punto focale nazionale. Nel caso in cui un Paese non lo abbia individuato, tutta la corrispondenza dell’IPCC è diretta ai ministeri degli Affari Esteri. Gli autori e i redattori di recensioni sono selezionati da task force dell’IPCC; ma devono fare domanda e inviare il curriculum ai governi. Insomma, a mio avviso è difficile negare un lato “politico” dell’IPCC”, dice ancora Crescenti. 

Poi l’esperto parla della Piccola Era Glaciale (Peg), che si è verificata dal 1303 al 1850: “gela anche la Laguna di Venezia, e si pattina sul Tamigi e in Olanda. I ghiacciai si espandono. Gli effetti di questo clima freddo si fanno sentire in tutto il mondo: in Africa, in Asia, dappertutto. Ci sono giornate gelide: si pensi che nella ritirata della Grande Armée, dopo la Beresina ed esattamente il 6 dicembre 1812, si registrano – 30 gradi Réaumur, e cioè – 38 gradi Celsius. Ben al di sotto della temperatura minima media della zona”. 

“Questa fase fredda si interrompe a metà dell’Ottocento. Quale influenza ha avuto l’attività antropica nel cambiamento di fase?”, chiede De’ Francesco. “Nessuna. Si pensi che la produzione industriale nel 1850 era centinaia di volte inferiore a quella attuale. L’impatto antropico sul clima era nullo, su scala globale. Oggi ci sono singole acciaierie nel Bresciano che realizzano da sole tutto il metallo prodotto dall’Impero Britannico a quell’epoca. Eppure una fase si è chiusa, e se ne è aperta un’altra”. Sul perché sia accaduto tutto questo, Crescenti risponde: “in realtà nessuno può affermarlo con certezza. Probabilmente si tratta della combinazione di più fattori: ad esempio la variazione dei flussi energetici solari, le condizioni astronomiche e l’attività della Terra. È un meccanismo complesso, che riguarda anche le correnti marine e quelle atmosferiche. Nel maggio 2009 il noto geologo Enrico Bonatti, che ha insegnato a Yale e che ha vinto il Premio Shepard per l’eccellenza in geologia marina dall’American Geological Society, ha pubblicato un articolo su Le Scienze. Si intitolava “Tutti guardano al sole, ma la colpa del riscaldamento globale è anche sottoterra”. Si pensi all’emissione di magma lungo 60mila km di dorsali oceaniche. Ripeto: 60mila km! Si pensi al sottoscorrimento delle placche più pesanti, che a 700 km di profondità fondono e determinano la risalita in superficie di magma che origina diffusi fenomeni vulcanici. Si pensi alla cosiddetta Cintura di Fuoco del Pacifico occidentale estesa per circa 40 mila km con grandi emissioni di calore. Tutte cose che l’IPCC ignora: per questo ente, la fabbrichetta del Vicentino è determinante, mentre le dorsali oceaniche no”. 

Contributo delle scienze geologiche alla conoscenza delle variazioni climatiche del passato

Però dal Duemila si assiste ad una accelerazione nell’aumento delle temperature. Tanti puntano l’indice contro le emissioni”, afferma De’ Francesco. “È una delle menzogne scientifiche più grandi della Storia, quella dell’impatto antropico determinante sul cambiamento climatico”, replica Crescenti. “Si dice: l’incidenza della CO2 è passata da 280 parti su milione della fine dell’Ottocento a quota 420 parti su milione di oggi. Ebbene? Non c’è correlazione tra l’aumento della CO2 e l’andamento della temperatura. Infatti mentre la CO2 è sempre aumentata dal 1880 ad oggi, la temperatura è modificata autonomamente. In particolare tra il 1940 ed il 1970 c’è stata una flessione della temperatura come pure dopo il 1998. Inoltre le analisi delle temperature registrate nella stazione metereologica del Passo S. Bernardo dal 1820 hanno evidenziato il succedersi di 11 fasi climatiche, con l’alternarsi di fasi calde e fasi fredde (pubblicazione della glaciologa Augusta Vittoria Cerutti) documentate anche da fasi di ritiro e fasi di estensione dei ghiacciai. Se la temperatura fosse controllata dalla CO2, non si possono spiegare tali variazioni. Evidentemente altre sono le cause dei cambiamenti climatici, prima di tutto l’attività solare, e poi cause astronomiche di difficile valutazione. Ma poi, volete mettere queste sciocchezze con l’immane energia liberata dalle dorsali oceaniche? Ma per carità. Solo chi non conosce la Terra in quanto gigantesco essere vivente, con una sua “fisiologia”, può affermarlo. Ma in Tv sono invitati solo i cantori del terrore”, afferma il geologo. 

In quanto ai seri provvedimenti presi dall’Europa contro le emissioni, Crescenti commenta: “nel 2020, l’Europa a 27 ha emesso 2,6 miliardi di tonnellate di CO2, contro i 10 miliardi della Cina, i 4,7 degli USA, i 2,4 (ma è il subcontinente in forte crescita) dell’India e i 14,3 del resto del mondo. Insomma, l’Europa incide per il 13%. L’Italia per lo 0,8%. Ammesso che serva a qualcosa, non si salva il mondo abbattendo la CO2 nel Vecchio Continente o in Italia. Soprattutto se il resto del mondo se la prende comoda. È pura propaganda. E poi, la posizione europea sta già producendo dei danni. La grave crisi economica che stiamo vivendo, con particolare riferimento al costo dell’energia, probabilmente solo accentuata dalla pandemia e dalla sciagurata guerra tra la Russia e l’Ucraina, rappresenta il benchmark dei primi gravi effetti delle decisioni assunte con il Green Deal dall’UE, accettate senza un razionale confronto scientifico dal nostro Paese”. 

Sulle proteste dei giovani, sulla scia di quelle iniziate dall’attivista svedese Greta Thunberg, secondo i quali i governi non stanno agendo adeguatamente alla “crisi climatica” per interessi finanziari, Crescenti dice: “i giovani forse non sanno che la finanza mondiale è apertamente schierata con le tesi dell’impatto antropico. Ormai si è affermato il mercato mondiale della CO2, con enormi fondi che circolano e sono gestiti dall’alta finanza. Ma immaginate se la teoria del terrore climatico fosse confutata, e l’esigenza della transizione fosse percepita come meno impellente? Quanto ai giovani, cosa si può pretendere da loro, dopo decenni di lavaggio del cervello?”. Per Crescenti, il “green” “è l’oro verde. O almeno, lo si pensava sino a qualche mese fa. La finanza ha offerto alla politica un argomento facilmente spendibile ed edificante. Chi non vorrebbe stare dalla parte dei salvatori del pianeta? Alla fine, non è importante che tutto ciò abbia un qualche fondamento scientifico. Le cose si aggiustano, in vista di un obiettivo comune. Peraltro, ciò consente alla politica di evitare di impegnarsi in cose serie. Si pensi ai terremoti: nello scorso secolo, tre milioni di persone sono morte nel mondo a causa di eventi sismici; in Italia, più di 100mila, considerando solo Messina ed Avezzano. Ci sarebbe tanto da fare per mettere in sicurezza il Paese”. 

Sull’invito al confronto pubblico tra “catastrofisti” e “anti-catastrofisti”, Crescenti dice: “il nostro documento anti-catastrofista era stato inoltrato tre anni fa alle autorità politiche. Nella petizione spiegavamo alcuni concetti base: gli incrementi di temperatura attuali non sono diversi da quelli sperimentati in altre epoche; non si possono abolire gli idrocarburi, che garantiscono energia a buon mercato all’85% dell’umanità. Si rischia di impoverire il mondo. Il Presidente della Repubblica ci ha fatto sapere di non avere tempo per noi; poi, l’ha trovato per Greta Thunberg, che certamente non è un’esperta di clima. Si voleva poi presentare la petizione all’Accademia dei Lincei, dati e ricerche alla mano; ma il convegno è stato annullato. Si cerca a tutti i costi di evitare il dibattito, che è poi un momento fondamentale per la formazione del pensiero scientifico. Per questo, il 13 agosto abbiamo invitato i promotori dell’Appello sul Clima al confronto pubblico. Non hanno risposto. È facile andare in Tv a ripetere quattro frasette; il confronto scientifico è un’altra cosa, perché comporta l’esibizione di prove. Inoltre, penso cha abbia dato molto fastidio il fatto che i sottoscrittori della Petizione abbiano un alto profilo come studiosi e ricercatori”. 

Chi non si allinea alla teoria del riscaldamento globale antropico viene ormai definito un “negazionista del cambiamento climatico”. “È la criminalizzazione dell’avversario. Ad un certo punto, non sei più uno studioso, uno che ha dedicato la sua vita alla verità provata della scienza; sei un negazionista, con la stessa accezione utilizzata per chi nega l’Olocausto. Eppure noi chiediamo il confronto: se la teoria dell’impatto antropico è una realtà autoevidente, che problema c’è? E invece, tutti coloro che l’hanno messa in dubbio, sono stati allontanati dai media: da Antonino Zichichi al Premio Nobel Carlo Rubbia. Tutto questo non è normale. Tuttavia, è nostro dovere di docenti universitari segnalare queste gravi anomalie. E questo lo faremo in futuro senza soluzione di continuità. La grave assenza di un dibattito, plurimo, libero e senza tesi precostituite è quasi trascurata dal sistema di informazione. Questo è motivo di forte preoccupazione per le sorti della democrazia”, conclude Uberto Crescenti. 

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