Cartabellotta, strafalcioni e scontri in Commissione Covid: la figuraccia

"Questi sono i soggetti che venivano consultati come oracoli ai tempi del Covid"
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In un articolo pubblicato su Libero, il giornalista Daniele Capezzone racconta con toni ironici e taglienti l’audizione di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, in Commissione Covid. L’episodio, caratterizzato da una serie di errori grammaticali nella coniugazione dei verbi al passato remoto, è diventato virale e ha scatenato un ampio dibattito pubblico.

Il contesto: una Commissione animata

Durante l’audizione, Cartabellotta ha affrontato domande pressanti, molte delle quali poste dal senatore leghista Alberto Bagnai. Secondo Capezzone, Bagnai avrebbe volutamente utilizzato coniugazioni di verbi al passato remoto, creando un terreno insidioso per il presidente di Gimbe. Il risultato? Una serie di errori come “chiesimo“, “dissimos” e “tradummo“, definiti dall’articolo come “sgrammaticatissime pallottole” che avrebbero “crivellato” i verbi.

Capezzone sottolinea come l’episodio sia emblematico del rapporto di alcune figure pubbliche con la lingua italiana, soprattutto in contesti ufficiali dove l’attenzione al dettaglio dovrebbe essere massima.

Secondo Capezzone, l’intervento di Bagnai avrebbe avuto una componente strategica. La sua domanda, formulata intenzionalmente con l’uso del passato remoto, sarebbe stata un vero e proprio “test di abilità linguistica“. “Non ricordo cosa disse Gimbe“, avrebbe dichiarato Bagnai con enfasi, dando il via a quella che Capezzone descrive come una reazione improvvisa e maldestra da parte di Cartabellotta.

Un simbolo della comunicazione durante il Covid

Capezzone non si limita a ironizzare sugli errori linguistici, ma coglie l’occasione per una critica più ampia. “Questi sono i soggetti che venivano consultati come oracoli ai tempi del Covid“, scrive nel suo articolo, riferendosi al ruolo predominante di esperti come Cartabellotta durante la pandemia. Secondo il giornalista, la gestione comunicativa di molti esperti ha sofferto di un atteggiamento troppo categorico e poco incline al confronto.

Capezzone evidenzia come, durante il triennio pandemico, fosse comune introdurre in televisione virologi e altri esperti con frasi come: “E ora ascoltiamo la scienza“. Un approccio che, a suo dire, ha contribuito a costruire una narrativa rigida e talvolta autoritaria, lontana dalla natura stessa della scienza, che dovrebbe invece favorire il dubbio e il confronto tra opinioni diverse.

Il contenuto dell’audizione: difesa del lockdown e critiche

Oltre ai lapsus linguistici, l’intervento di Cartabellotta ha toccato temi cruciali come la gestione della pandemia. In particolare, il presidente di Gimbe ha difeso con fermezza le scelte di lockdown, definite “necessarie e inevitabili“. Tuttavia, Capezzone critica questa posizione, sottolineando come molti degli effetti negativi di queste misure siano emersi solo in seguito, alimentando un dibattito sempre più acceso.

“L’italiano non è l’italiano: è il ragionare”

Capezzone chiude il suo articolo citando un passaggio di Leonardo Sciascia tratto da Una storia semplice, che sembra sintetizzare perfettamente la vicenda: “L’italiano non è l’italiano: è il ragionare“. Un richiamo simbolico alla necessità di precisione, non solo linguistica, ma anche logica, soprattutto per chi si trova a ricoprire ruoli di grande responsabilità pubblica.

L’articolo di Capezzone su Libero non è solo una cronaca ironica di un lapsus, ma una critica al modo in cui alcuni esperti si sono rapportati alla comunicazione pubblica durante la pandemia. L’episodio linguistico di Cartabellotta diventa così un pretesto per riflettere sul ruolo degli esperti nella società, sull’importanza del linguaggio e sull’atteggiamento con cui si affrontano temi complessi in contesti ufficiali.

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